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Il divieto di velo integrale in Aula alla Camera

Iniziata la discussione del progetto di legge che impedirebbe di indossare in pubblico burqa, niqab e altri indumenti di origine etnica e culturale. La relatrice Sbai (Pdl): “Battaglia per i diritti e la libertà delle donne”. Zaccaria (Pd): “Non lo votiamo, è incostituzionale”

Roma – 25 ottobre 2011 –  È iniziata ieri alla Camera e continuerà nei prossimi giorni la discussione la discussione sul disegno di legge che vieta espressamente l’utilizzo in pubblico del velo integrale.

 

Il testo unificato arrivato in Aula dopo quasi due anni di confronto in Commissione vieta di coprire in pubblico il viso  con indumenti di qualsiasi tipo, “compresi quelli di origine etnica e culturale, quali il burqa e il niqab”. Le uniche eccezioni ammesse sono dettate da motivi di salute o professionali o legate a manifestazioni sportive, artistiche o tradizionali.

Chi non rispetta il divieto rischia da trecento a cinquecento euro di multa, che può essere trasformata dal giudice nell’obbligo a  lavorare gratuitamente per  associazioni che si occupano di integrazione. Più severe le pene per chi obbliga qualcuno a indossare il velo integrale, reato punito con la reclusione  fino a un anno, una multa che può arrivare a trentamila euro e la bocciatura automatica di un’eventuale richiesta di cittadinanza italiana.

Ieri la relatrice Souad Sbai (Pdl) ha parlato di “una necessita’ urgentissima,  per arginare la volonta’ di controllo che alcune lobby estremiste vorrebbero esercitare sulla sfera immigrata di religione musulmana nel nostro Paese. Non ci possiamo nascondere il fatto che dietro la richiesta normativa di vietare gli indumenti denominati burqa e niqab ci sia un universo di diritti negati alle donne, di sofferenze indicibili e di blocco delle libertà per la sfera femminile”.

“Per noi -ha aggiunto la leghista Maria Piera Pastore- l’uso del burqa e del niqab da parte delle donne che si trovano nel nostro Paese rappresenta una forma di violenza, rappresenta un’offesa alle donne, rappresenta una forma di contrasto a quel che dice la nostra Costituzione all’articolo 51, dove si prevede la parita’ tra uomo e donna e la pari dignita’ fra uomo e donna”.

Flavia Perina, di Fli, ha obiettato che “se stiamo parlando di diritti e di liberta’ civili e, in qualche modo, abbiamo definito le donne come vittime di questa situazione e di una imposizione, è davvero bizzarro immaginare di sanzionare una vittima per una responsabilita’ che evidentemente non e’ sua, come se fosse lei la responsabile di un reato. Questa e’ una contraddizione in termini. Non so poi a quale finale della storia porterebbe: le eventuali donne che fossero sanzionate in questo contesto cosa faranno? Saranno donne piu’ libere o saranno donne che verranno chiuse dentro casa?”.

Paola Binetti, dell’Udc, ritiene che “vietare il burqa e il niqab non significherebbe nulla, e meno di nulla, se non si ribadisse la grandezza del diritto delle donne ad una condizione di parita’ nella propria capacita’ di autodeterminazione”. E invece, ha fatto notare Rosa Villecco Calipari, del Pd, “questa norma ha il grande pregio di costituire una specie di cattedrale nel deserto, poiche’ non e’ accompagnata da nulla: non ci sono proposte parallele o collegate tese a rafforzare politiche di integrazione o di dialogo interculturale”

Secondo Roberto Zaccaria, Pd, “il riferimento esplicito al burqa e al niqab e’ incostituzionale. Menzionare un abbigliamento correlato ad un particolare tipo di cultura o religione, per alcuni, e’ incostituzionale ed e’ anche discriminatorio. Non credo che potremo mai votare a favore, perche’ la nostra visione e’ una legge generale sulla liberta’ religiosa”.

EP

 

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