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Il Giappone come la Spagna: rientri volontari, un flop

Il governo giapponese offre 5mila dollari a ogni immigrato sudamericano che torna a casa

Tokyo – 23 aprile 2009 – In piena recessione, il governo di Tokyo – sul modello di quello spagnolo – ha deciso di offrire il biglietto aereo agli immigrati latinoamericani che scelgono di lasciare il posto di lavoro e rientrano in patria definitivamente.

Tra le centinaia di migliaia di immigrati provenienti dal Sudamerica che lavorano in Giappone, appena un centinaio di ‘colletti blu’ ha accettato la proposta, riferisce il ‘New York Times’ dando spazio alle critiche suscitate dal programma rientri, definito miope e disumano. Era andata più p meno allo stesso modo con il plan de retorno spagnolo. Hanno aderito molte meno persone di quelle che il governo Zapatero aveva preventivato.

"Il Giappone può essere in recessione adesso, ma è chiaro che non avrà un futuro senza manodopera straniera", dice il direttore dell’Istituto di politiche dell’Immigrazione, Hidenori Sakanaka.

In particolare, la proposta di rimpatrio riguarda una fascia determinata di immigrati; si tratta dei discendenti dei giapponesi che un centinaio di anni fa emigrarono in Brasile, e anche nei paesi vicini, per lavorare nelle piantagioni di caffè. Nel 1990 con la crescita industriale, il Giappone risolse il problema della scarsità di manodopera emettendo migliaia di permessi di lavoro, il visto ‘Nikkei’, ai figli e ai nipoti dei suoi emigrati provenienti da questi paesi.

Secondo dati ufficiali, circa 366 mila brasiliani e peruviani vivono attualmente in Giappone. Ai brasiliani ‘Nikkei’ viene così offerta una somma pari a 3 mila dollari per coprire la spesa del biglietto aereo, oltre a 2 mila dollari di forfetari. In cambio, gli immigrati ‘Nikkei’ potranno tornare in futuro in Giappone solo come turisti.

a.i.

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