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Il governo tecnico dell’immigrazione

Dice stop al decreto flussi, lasciando però aperto il problema della regolarizzazione, ma vuole anche cambiare gli ingressi per lavoro. Messe da parte le ideologie, potrebbe riformare la legge sulla cittadinanza, ma anche riflettere sull’attuabilità dell’ accordo di integrazione

Roma – 16 gennaio 2012 – Partito in sordina durante il Governo Berlusconi, il governo tecnico dell’immigrazione sembra ormai prender piede.

La decisione di prolungare fino ad un anno la durata del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, nonchè quella di rivedere la tassa per il rinnovo del permesso di soggiorno rendendola più equa, vanno in questa direzione. Ma il banco di prova decisivo è il decreto flussi 2012. L’indicazione “tecnica” di non procedere con il decreto flussi, già formulata lo scorso anno, ma smentita dalla “politica”, questa volta sembra reggere alle pressioni.

La crisi economica è stata presa a pretesto per sostenere che non c’è bisogno di nuovi lavoratori stranieri, basandosi su di un sistema per rilevare le richieste di lavoro di imprese e famiglie sulla cui piena efficienza ci permettiamo di sollevare qualche dubbio. Parlo di pretesto perchè il decreto flussi è stato sempre considerato uno strumento improprio eppure efficace per mettere in regola la posizione di centinaia di migliaia di lavoratori immigrati già presenti in Italia senza un permesso di soggiorno.

L’ambizione dei tecnici dei Ministeri del Welfare e degli Interni è però scrivere la parola fine sull’ingloriosa storia del decreto flussi.  Mai più si dovrà affidare la sorte di milioni di vite (dal 1998 a oggi sono stati autorizzati circa 2 milioni di ingressi) a “una giornata in cui gli extracomunitari si mettono all’alba davanti a un computer per cercare di trovare un posto”!

Finalmente, verrebbe da aggiungere… Aspettiamo di conoscere le modalità “tecniche” con cui si intenderà consentire l’accesso in Italia agli immigrati che il mercato del lavoro richiede: ci sono molti esempi, più o meno di successo, in Europa e negli USA, a cui ispirarsi. Comunque vada a finire, il solo provare qualcosa di nuovo è un valore in un mondo da sempre uguale a se stesso ed è singolare notare come ciò accada proprio quando la “politica” si è ritirata nelle sue segreterie.

Resta il problema “politico” dei 500 mila clandestini già presenti in questo momento in Italia, che difficilmente potranno attendere i tempi lunghi del varo di un nuovo sistema. La sanatoria sarebbe la giusta soluzione, ma la tesi per cui un provvedimento del genere produce un numero di clandestini più o meno pari a quello che “assorbe” sembra essere, ad oggi, preponderante. L’esito, tuttavia, non è scontato, visto che una sanatoria “per ragioni umanitarie” non è mai da escludere in un Paese come il nostro.

Intanto salutiamo con piacere l’inedito tentativo di “governo tecnico” di un’immigrazione che fino ad oggi si è governata da sè. Questo potrebbe contribuire finalmente a deideologizzazione la questione, aprendo anche la strada ad una storica riforma della legge sulla cittadinanza per i minori stranieri (e per i loro genitori). E potrebbe aprire le strade a molte altre domande “tecniche”, ad esempio sull’attuabilità dell’accordo di integrazione.

Gianluca Luciano

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