L’enciclica: “I lavoratori stranieri non sono merce. Contribuiscono allo sviluppo economico” Città del Vaticano – 7 luglio 2009 – “Siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato”. Così Benedetto XVI parla dell’immigrazione nell’enciclica “Caritas in Veritate”, presentata oggi.
“Tale politica – scrive – va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati”.
“Nessun Paese – nota Ratzinger – da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo. Tutti siamo testimoni del carico di sofferenza, di disagio e di aspirazioni che accompagna i flussi migratori. Il fenomeno, com’è noto, è di gestione complessa”.
“Resta tuttavia accertato – sottolinea il papa – che i lavoratori stranieri, nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione, recano un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del Paese d’origine grazie alle rimesse finanziarie”.
“Ovviamente, – conclude Benedetto XVI – tali lavoratori non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro. Non devono, quindi, essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante e` una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.