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Mattarella: “I figli degli immigrati sono italiani”

Il Presidente della Repubblica: “Affrontare il tema con intelligenza e con coraggio”. “Rispetto per questi giovani, evitiamo che si sentano esclusi dalla comunità di cui si sentono parte”

 

 

Roma – 9 marzo 2017 – “Bisogna organizzare in Europa, in maniera più intelligente, l’accoglienza e l’integrazione di chi comunque arriva e arriverà. È necessario evitare alcuni errori: quello di consentire che si creino ambienti, luoghi di emarginazione, ghetti per gli immigrati e per le successive generazioni, che li facciano sentire emarginati dalla società”.

Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in una lunga intervista a Civiltà Cattolica, nellla quale parla spiega che “quello migratorio è un fenomeno davvero epocale”. “Alcuni Paesi tendono a chiudersi, come se fosse possibile erigere una barriera o dei muri, senza rendersi conto che non c’è né barriera né muro che possa frenare un fenomeno storico di questa portata. Quella reazione rappresenta una fuga dalla responsabilità di affrontare il problema e dal dovere di governarlo: con senso di responsabilità, con equilibrio, ma di governarlo”.

Mattarella torna a chiedere un maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea per “stroncare il traffico di esseri umani e prevedere dei canali, legali e regolati, di immigrazione che non passino attraverso lo sfruttamento”. Occorre “distinguere i profughi e i migranti per soli motivi economici”, ma anche questi ultimi “meritano rispetto”, “perché spesso fuggono da condizioni di sopravvivenza insostenibili”. “Occorre creare condizioni migliori nei Paesi da cui nascono i flussi”. 

Il Capo dello Stato dedica però anche una lunga riflessione ai figli degli immigrati. “Occorre affrontare con intelligenza e con coraggio – dice  – il tema delle generazioni successive alla prima che arriva”.

“Mi ha colpito un’affermazione di un professore musulmano che ha svolto un corso all’Università Cattolica di Milano. Egli ha citato l’episodio di un ragazzo, originario dell’Estremo Oriente ma nato in Italia, che, quando torna con i suoi genitori nel suo Paese d’origine, viene chiamato «banana». E questo – così ha spiegato – perché esternamente dai tratti somatici tipici del suo Paese ma dentro, di fatto, sostanzialmente italiano ed europeo” spiega Mattarella.

“Bisogna avere un grande rispetto di questi giovani, che, da un lato, avvertono con giusto orgoglio le loro origini, ma che non sono più esclusivamente e interamente partecipi della comunità da cui sono partiti i loro genitori. Si ha il dovere di evitare che essi si sentano esclusi anche dalla comunità in cui sono collocati e di cui si sentono parte per lingua, cultura, abitudini, costumi di vita”.

“Quella di non parlare più di «seconda generazione di immigrati», ma di «italiani di altra origine» – dice il Capo dello Stato – è una scelta coraggiosa, aderente alla realtà, ed è anche il modo di evitare che si creino delle sacche di emarginazione che sono ingiuste – e questo è il principale motivo –, ma sono anche foriere di pericoli”.

Nessun accenno esplicito, nell’intervista, alla riforma della cittadinanza. Anche nelle parole misurate del Presidente della Repubblica, però, i figli degli immigrati sono già “italiani”, di fatto” e certo “di altra origine”. Tocca adesso al Parlamento dimostrare “intelligenza e coraggio” nel farli diventare  italiani anche per legge. 

 

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