Roma – 2 settembre 2014 – Palazzo Madama riapre domani dopo la pausa estiva e i senatori ripartono dall’immigrazione. All’ordine del giorno c’è infatti anche il Disegno di legge europea-bis, che tra le altre cose prevede un taglio drastico dei tempi massimi di permanenza nei Centri di Identificazione ed Espulsione.
Oggi, dietro le sbarre, uno straniero colpevole solo di non avere in tasca un permesso di soggiorno può rimanerci anche per diciotto mesi. È così dal 2009, quando l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni volle condurre in porto l’ennesima misura anticlandestini. Con scarsi risultati.
Aumentando il tempo di permanenza nei Cie, non è aumentata infatti l’efficacia delle espulsioni: solo un trattenuto su due viene effettivamente rimpatriato. La prospettiva di rimanere reclusi per un anno e mezzo, magari solo perché il proprio Paese d’Origine non collabora al rimpatrio, ha invece fatto cresce tensione e disperazione, con rivolte, scioperi della fame e atti di autolesionismo.
Ora, con il ddl in discussone in Parlamento, si fa marcia indietro. Il testo uscito dalla Camera fissava il tetto massimo per il trattenimento nei Cie a 180 giorni. Poi a luglio il governo, per bocca del ministro dell’Interno Angelino Alfano, si è detto favorevole “a un ulteriore alleggerimento”.
Così in commissione al Senato hanno colto al volo la disponibilità del governo, sforbiciando ulteriormente. Nel testo proposto all’Aula, c’è scritto che “in ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di identificazione e di espulsione non può essere superiore a novanta giorni”.
Tre mesi, quindi, rispetto ai diciotto attuali. Più che uno sconto di pena, un bonus di civiltà.
Elvio Pasca