Il presidente della Camera scrive al suo omologo nordafricano. "Attenzione a richiedenti asilo e perseguitati politici" Roma – 16 giugno 2009 – Il presidente della Camera Gianfranco Fini torna a chiedere garanzie per i migranti diretti in Italia bloccati dai libici nei loro campi, in applicazione del trattato di amicizia tra Roma e Tripoli. In particolare per quelli che avrebbero i requisiti per chiedere asilo.
Fini sta per inviare una lettera al segretario generale del Congresso del Popolo, Embarak El Shamakh, che torna sui punti già toccati nel discorso che il presidente della Camera avrebbe letto venerdì scorso a Muammar Gheddafi, se l’incontro col Colonnello non fosse saltato.
"Auspico che una delegazione di deputati italiani possa recarsi presto in visita nei campi libici di raccolta degli immigrati, per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo sanciti dalle Nazioni unite e dal trattato di Bengasi" recita al bozza della lettera, anticipata oggi dal Corriere della Sera. Le verifiche andrebbero fatte "con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai perseguitati politici".
Il rispetto dei diritti umani da parte del libici è il punto più controverso della cooperazione con L’Italia nel contrasto dell’immigrazione clandestina. Le organizzazioni umanitarie accusano il nostro governo di far fare a Tripoli il "lavoro sporco", sulla pelle dei migranti intercettati prima di partire per l’Italia, o respinti in mare dalla nostra Marina, e quindi rinchiusi nei campi del Colonnello.
Eppure, lo stesso Trattato di Amicizia, imporrebbe il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. "Le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente alle rispettive legislazioni, agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo" recita l’articolo 6.
EP