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Roma, 12 dic. (Adnkronos/Labitalia) – Essere protagonisti attivi
delle politiche per l’immigrazione. Lo chiedono gli assistenti
sociali, attraverso la presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine,
Edda Samory, che a LABITALIA dice: “Il settore dell’immigrazione ci ha
visto chiamati poco in causa quando in verita’ abbiamo sempre proposto
di essere presenti nei servizi soprattutto di accoglienza, di ascolto
degli immigrati, e abbiamo sempre chiesto di poter fare attenzione a
una loro progettualita’”.
Per Samory, infatti, e’ bene sapere cosa gli immigrati, “dopo
essersi trasferiti nel nostro Paese, si aspettano” e “come pensano di
portare avanti le loro eventuali scelte”. Bisogna, cioe’,
“considerarli persone in una grave situazione di disagio, ma questa
parte -avverte la presidente degli assistenti sociali- non ci’ e’
stata mai molto attribuita nell’organizzazione dei servizi”.
“In questo momento -spiega Samory- ci sta molto a cuore la
situazione dei minori non accompagnati, soprattutto dopo gli episodi
che abbiamo riscontrato a seguito degli sbarchi di Lampedusa”. A
seguire la situazione dei minori migranti “abbiamo un gruppo
dell’Ordine -ricorda Samory- che cerca di portare avanti una serie di
iniziative, di proposte di studio e di intevento” per curare “almeno
l’aspetto piu’ fragile dell’immigrazione che sono i minori, in genere
l’aspetto piu’ fragile di tutta la nostra societa’”.
La presidente del Cnoas ricorda che gli
assitenti sociali hanno sui minori “una delega di tutela che vorremmo
applicare nel modo migliore”. Ma al contempo, avverte Samory,
“vorremmo anche essere soggetti che possono essere ascoltati, che
posso fare preposte”. “Cioe’ vogliamo essere -chiarisce- non solo
esecutivi di compiti o di intervento nell’emergenza, ma portare avanti
quei discorsi di propositivita’, che vanno dalla prevenzione
all’anticipazione di interventi indispensabili”.
Samory condivide appieno le parole del Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, sulla cittadinanza per i bambini
stranieri nati in Italia. “Credo che anche questo sia un segnale forte
-dice- per far capire che in un sistema di globalizzazione le persone
che si muovono all’interno dei Paesi nei quali chiedono ospitalita’
trovino anche -conclude- uno spazio riconosciuto e diventino
effettivamente cittadini di quel Paese”.