Roma – 4 giugno 2013 – La crisi investe anche l'imprenditoria straniera, che finora aveva dimostrato di sapere cavalcare l'ondata recessiva. Nel 2012 le ditte individuali con titolari stranieri sono diminuite del 6,7% rispetto al 2011, ovvero di 16 mila 708 unità, ma questo dato non annulla una crescita che, negli anni della crisi, è risultata "impressionante".
E' quanto emerge dal rapporto annuale sull'imprenditoria straniera in Italia, elaborato dal Centro Studi della Cna e presentato questa mattina a Roma, alla presenza del Ministro per l'Integrazione, Cecile Kyenge, del viceministro del Lavoro, Cecilia Guerra e del Segretario generale della Cna, Sergio Silvestrini. "Il nostro paese ha bisogno di aprirsi, contaminarsi e noi pensiamo che l'imprenditoria sia una grandissimo fattore di inclusione e integrazione sociale", ha detto Silvestrini.
Alla fine del 2012 gli immigrati imprenditori in Italia in termini assoluti erano 232.668, con un'incremento cumulato del 39,2% sul 2007 (+65 mila 519 unità). Guardando più da vicino gli impresari stranieri, ben il 49,6% sono artigiani.
Dominano gli uomini, ma non manca una rappresentanza femminile (18,9%). Inoltre il Centro studi della Cna, rileva come la stragrande maggioranza, l'87,1%, risieda al Centro Nord, con la sola Lombardia che ne ospita il 22,9%.
Tra i Paesi di provenienza spiccano Marocco, Romania e Cina; fuori dal podio, segue l'Albania. Solo queste quatto nazionalità rappresentano l'origine di oltre la metà (56,8%) delle aziende individuali guidate da stranieri.
I settori di gran lunga preferiti dagli imprenditori arrivati in Italia sono le costruzioni e il commercio. Comparti, però, messi a dura prova dalla crisi, con perdite nel numero delle aziende individuali a conduzione straniera dell'8,8% nel commercio (-7.829), del 4,2% nelle costruzioni (-3.766), del 10,6% nella ristorazione (-1.018) e del 16,1% nei servizi per la persona (-635).
"E' importante conoscere i dati delle imprese gestite da stranieri anche per programmare politiche di sviluppo e di ripresa economica del Paese – ha detto il ministro Kyenge -. E Occorre tener presente anche il contributo che questi lavoratori possono dare alla ripresa economica italiana".
Secondo il ministro "la capacità imprenditoriale di molte persone di origine straniera dà loro la possibilità di creare una rete, attraverso le famiglie, le conoscenze e anche all'interno del tessuto italiano. Inoltre, la possibilità di parlare diverse lingue e il fatto di avere un bagaglio culturale anche di un altro paese, valorizza di più le loro imprese e può aiutare anche a portare alcuni prodotti fuori dai confini dell'Italia".
"Il dato del calo delle imprese di stranieri si registra con riferimento alle ditte individuali, se guardiamo il dato Unioncamere, che è complessivo, il quadro è diverso: dal 2007 ad oggi, la presenza di imprese di immigrati è in crescita e soprattutto va consolidandosi” ha sottolineato il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, secondo il quale bisogna sostenere le imprese di stranieri.
“Credo – ha spiegato Guerra – che le difficoltà che tutte le imprese stanno vivendo vanno affrontante con strumenti generali, ma per quanto riguarda le imprese degli immigrati ci sono due aspetti su cui intervenire: il primo rappresentato dalle buone pratiche presentate oggi, attraverso le associazioni di categoria. La Cna ha fatto un gran lavoro per sostenere queste imprese, permettendo l'accesso alla conoscenza anche solo delle norme che in un paese ad alta burocrazia non è banale".
"All'interno di una difficoltà generale di accesso al credito – ha aggiunto il viceministro del Lavoro – particolarmente forte è quella vissuta dalle imprese di immigrati. Queste imprese soffrono di un problema a priori di tipo reputazionale. Paradossalmente la valutazione del merito di credito non è legata alla specificità di quel l'impresa, ma alla considerazione che si ha sull'affidabilità della comunità di appartenenza".
"Gli imprenditori immigrati hanno una visione di futuro e un ottimismo che fa bene al nostro paese e che potrebbe fare da traino – ha aggiunto Silvestrini -. Queste persone hanno scelto l'italia, hanno portato le loro famiglie, i loro figli e il fare impresa in fondo è un atto fiduciario nei confronti del paese che li ospita".