Perera (Cna World): “Risparmiano e rischiano per mettersi in proprio. I problemi? Burocrazia e scarsa fiducia delle banche”
Roma – 10 ottobre 2015 – Oltre mezzo milione di imprese di immigrati, che crescono nonostante la crisi. Anche l’ultimo rapporto della Fondazione Moressa conferma la vivacità e la forza degli stranieri in Italia che decidono di mettersi in proprio.
Non partono, quindi, già come imprenditori?
“No, in genere gli immigrati si mettono in proprio dopo aver accumulato risparmi ed esperienza lavorando per imprese italiane, insieme a cittadini italiani. A un certo punto però entra in gioco la passione e la voglia di rischiare, e quindi ci si mette in gioco. Si può contare sull’aiuto della famiglia e della comunità di origine, molto meno su quello dello Stato e delle banche”.
Quali problemi incontrano?
“Quelli che incontrano gli italiani che fanno impresa, a cominciare dalla burocrazia. È molto difficile avviare un’attività in Italia, ci sono moltissime regole e passaggi da seguire, quindi come associazione siamo molto impegnati a informare. In qualche caso riusciamo anche a dare sostegno finanziario”
Non bastano i prestiti delle banche?
“Le banche prestano difficilmente soldi agli italiani, figuriamoci agli stranieri. Chiedono moltissime garanzie che non tutti sono in grado di fornire. Credo invece che investire nelle imprese degli immigrati potrebbe portare alle banche buoni guadagni”.
Molte imprese di immigrati, poche imprese miste, con gli italiani accanto agli immigrati. Una debolezza?
“Sì, bisognerebbe invece creare ponti, e noi ci proviamo, tra imprenditori italiani e stranieri in Italia, anche per cogliere maggiori occasioni sui mercati esteri. Se si aprono delle gare in Africa, ad esempio, gli immigrati africani in Italia potrebbero aiutare le imprese italiane a partecipare”.
Elvio Pasca