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Imprese etniche: 1 su 4 non ha rapporti con le banche

Sopratutto cinesi e africani non si rivolgono agli istituti di credito. Indagine di Unioncamere, Nomisma e Crif Roma – 26 novembre 2009 – Oltre un quarto delle imprese gestite da immigrati non ha mai avuto relazioni con le banche, nemmeno attraverso l’apertura di un conto corrente, e meno di un quinto richiede prestiti al sistema creditizio, preferendo l’autofinanziamento o il sostegno di amici e parenti; cinesi ed africane le comunità che meno si rivolgono agli istituti di credito.

Queste alcune delle considerazioni contenute nel Rapporto “Finanza e comportamenti imprenditoriali nell’Italia multietnica”, realizzato da Unioncamere, Nomisma e Crif e presentato ieri a Roma.

Sono 309.000 le ditte individuali con titolare straniero, nel 77% dei casi extraue,  e per il 21% gestite da donne. Una realtà in continua crescita che però risente della crisi economica: secondo Unioncamere, nei primi sei mesi dell’annofattori congiunturali e strutturali hanno reso le imprese con titolare straniero ancora più “rischiose”. Il risultato è che il 25% di quelle che hanno rapporti con le banche non riesce ad ottenere prestiti.

Tuttavia, gli imprenditori immigrati molto difficilmente demordono dai loro propositi di miglioramento dell’azienda: infatti, tra coloro che si vedono rifiutare il finanziamento bancario, l’indagine diretta rivela che quasi l’80% fa ricorso poi a risorse proprie per sostenere l’investimento progettato.

“L’imprenditoria immigrata in Italia ha avuto nel corso degli ultimi anni un’accelerazione significativa”, ha evidenziato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Il bilancio di questi ultimi mesi conferma la vitalità di questa componente, anche se la crisi, nei primi nove mesi del 2009, ha fatto segnare un certo rallentamento delle iscrizioni ed un incremento delle cessazioni in confronto al corrispondente periodo del 2008”.

“Da luglio a settembre – ha aggiunto –  la popolazione immigrata ha comunque contribuito a determinare quasi il 70% della crescita delle ditte individuali, confermandosi così uno dei principali fattori di tenuta del nostro tessuto produttivo. La consuetudine delle relazioni con i servizi bancari, però, è ancora debole. L’augurio è che questo processo di avvicinamento al sistema creditizio acceleri, affinché queste aziende abbiano modo di rafforzare la propria struttura, integrandosi ulteriormente con il mondo produttivo nazionale”.

Secondo il Vice Ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso “se gli  immigrati si confermano essere una risorsa per l’Italia, perché svolgono mansioni che gli italiani non vogliono più esercitare, le  attività imprenditoriali gestite da cittadini immigrati costituiscono  una duplice opportunità per il nostro Paese: creano opportunità di  lavoro in Italia, concorrendo all’aumento della ricchezza della Nazione, e contribuiscono a diffondere il made in italy nel mondo".

"Se da un lato occorre, quindi, promuovere una maggiore integrazione degli imprenditori immigrati nel sistema produttivo e creditizio  italiano – ha continuato Urso – dall’altro, appaiono altrettanto necessari comportamenti rispettosi delle regole di mercato da parte di
questo “nuovo” tessuto imprenditoriale, per impedire una concorrenza  basata esclusivamente sulla riduzione dei costi che pregiudicherebbe profondamente le condizioni operative del sistema produttivo nazionale”.

La sintesi della ricerca

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