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In lieve calo l’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane

Studio della fondazione Moressa: stranieri impiegati per compensare la scarsa disponibilità dei lavoratori italiani e per svolgere lavori meno qualificati

Roma, 24 settembre 2012 – L’occupazione straniera nelle piccole imprese registra in Italia un calo dello -0,8% (stimato in 11 mila stranieri occupati in meno) nel corso della prima parte del 2012. Tale situazione sembra essere destinata a confermarsi anche nel 2° semestre, in cui è previsto un calo ulteriore del –1,3% (pari a quasi -18 mila unità). A livello settoriale, la perdita di occupati sarà considerevole soprattutto nei comparti della produzione (-3,1%) e dell’edilizia (-2,6%). La domanda di manodopera straniera da parte delle piccole imprese è determinata in prevalenza da una scarsa disponibilità dei lavoratori italiani a svolgere determinate mansioni dalla più bassa qualifica, nonostante i contratti di lavoro con cui essi sono inquadrati sono in prevalenza a tempo indeterminato.

Questi i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa su un panel di oltre 800 imprese italiane con meno di 20 addetti, che analizza le caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le trasformazioni congiunturali in corso.
 
Andamento per settore e per macroarea.
Nei settori di attività, il calo riguarda soprattutto il comparto dell’edilizia (-2,9%) e della produzione (-2,3%), dove si prevede un ulteriore perdita per la fine dell’anno, rispettivamente del -3,0% e -3,1%. L’occupazione straniera per la prima metà del 2012 risulta in calo in tutte le aree (ad eccezione del Centro) e tale andamento si confermerà anche nel secondo semestre.
Le tipologie contrattuali. A livello contrattuale italiani e stranieri non mostrano grosse differenze: la gran parte degli stranieri (79,1%) è inquadrata con contratti di lavoro a tempo indeterminato come gli italiani (82,5%). Più limitato è il ricorso a contratti atipici, come il tempo determinato (6,1%) e altre tipologie contrattuali a termine (14,8%).
 
Identikit dei lavoratori stranieri.
Provenienza. I lavoratori stranieri attualmente occupati nelle piccole imprese italiane provengono principalmente da paesi europei non comunitari (35,4%), come Albania (13,7%), Moldavia (5,6%) e Macedonia (5,6%). Notevole è anche la presenza di addetti stranieri provenienti da Africa (28,3%) e da paesi comunitari (22,7%), soprattutto dalla Romania (20,8%).
Professione ricoperta ed esperienza richiesta. Gli stranieri per la maggior parte ricoprono mansioni non qualificate (67,5%), mentre il 30,6% risulta essere operaio specializzato. A questi lavoratori d’altronde, non viene richiesta un’esperienza lavorativa particolare: più della metà degli imprenditori intervistati (51,0%) ricerca lavoratori stranieri con esperienza lavorativa generica.
 
Incontro domanda e offerta di lavoro.
L’incontro tra impresa e lavoratore straniero avviene nella maggior parte dei casi per contatto diretto (53,2%) o per segnalazione (24,4%) e appena il 10% fa ricorso alle agenzie di impiego. Il motivo principale per cui gli imprenditori fanno ricorso a manodopera straniera è dettato dalla difficoltà di trovare manodopera locale da impiegare nella propria impresa, proprio per svolgere le mansioni meno qualificate. Il 60,6% delle imprese, infine, versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto corrente, il 32,1% salda i crediti tramite assegno e solo il 7,4% dei pagamenti avviene in contanti.
 
“La crisi che ha coinvolto il sistema della piccola impresa in Italia  – osserva la Fondazione Leone Moressa- ha colpito e continuerà ancora a colpire la manodopera straniera, sebbene il lavoro degli immigrati, soprattutto in alcuni settori, sia indispensabile per ricoprire mansioni dalla bassa qualifica poco attrattive per i lavoratori italiani. Proprio per il tipo di inquadramento contrattuale a tempo indeterminato con cui gli stranieri sono assunti, la piccola impresa può rappresentare un’opportunità di integrazione per il lavoratore immigrato. Se la presenza di lavoratori stranieri da una parte assicura la sopravvivenza di queste imprese, dall’altra il ricorso alla manodopera immigrata potrebbe limitare gli investimenti in innovazione frenando il percorso di incremento della produttività. Tuttavia, viste le caratteristiche di queste imprese, spina dorsale del sistema economico italiano, il lavoro immigrato risulta una risorsa necessaria e da valorizzare”.
 

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