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Insulti a Kyenge, l’Europarlamento toglie l’immunità a Borghezio

Il leghista verrà processato per razzismo a Milano:  “Un voto politico”. L’ex ministra: “Il razzismo non può essere mai strumento di lotta politica”

 

 

Milano – 25 ottobre 2016 –  Il leghista Mario Borghezio, a processo per razzismo per gli insulti a Cècile Kyenge, non potrà farsi scudo davanti ai giudici della sua carica da deputato al Parlamento Europeo. I suoi colleghi, riuniti in sessione plenaria a Strasburgo, hanno deciso infatti di non garantirgli l’immunità  nel procedimento penale avviato contro di lui davanti al tribunale di Milano. 

I fatti risalgono al 29 aprile 2013, subito dopo la nomina dell’allora ministra dell’integrazione nel governo Letta. “Un governo del bonga bonga” disse Borghezio intervistato dal programma radiofonico La Zanzara, puntando il dito contro le origini di Kyenge. “Gli africani sono africani e appartengono a un’etnia molto diversa dalla nostra. Non hanno prodotto grandi geni, basta consultare l’enciclopedia di Topolino” disse il leghista. E ancora: “Non siamo congolesi, abbiamo un diritto ultramillenario”, “lei fa il medico, gli abbiamo dato un posto in una Asl che è stato tolto a qualche medico italiano”.

Per quelle parole, lo scorso aprile, la procura di Milano ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di Borghezio, per aver propagandato “idee fondate sull’odio razziale ed etnico”. Il processo era sospeso in attesa della decisione dell’Europarlamento, ora potrà riprendere e  il leghista dovrà difendersi da quell’accusa come un cittadino qualunque. “Si è trattato di un voto politico. Questo Parlamento consegna alla giustizia un deputato colpevole solo di aver fatto dichiarazioni non gradite alla maggior parte “, ha commentato lui a caldo.

“Un membro del Parlamento Europeo che manifesta disprezzo e odio in ragione del colore della mia pelle, non ha offeso solo me, ma i valori delle Istituzioni Europee e di tutti coloro che non riconoscono differenze e discriminano tra le persone per motivi di razza, religione o sesso” sottolinea Cécile Kyenge, eurodeputata del gruppo S&D-PD. 

 “Ogni espressione razzista e di incitamento all’odio – ribadisce l’ex ministra all’integrazione – è per sua natura incompatibile e oltraggiosa dell’alto compito di rappresentanza democratica che siamo chiamati ad assolvere come parlamentari europei. La decisione del Parlamento europeo oggi dà un segnale importante che va ben oltre la mia persona: il razzismo non può essere mai strumento di lotta politica, chi vi fa ricorso disonora le istituzioni e non ha diritto ad alcuna immunità”.

Diversa fu invece la decisione del Senato, che salvò un altro leghista, Roberto Calderoli, per altri insulti rivolti a Kyenge,  definita un “orango”. In quel caso sia la giunta per le immunità che l’Aula ritennero quelle parole “opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni” e quindi non processabili per razzismo. 

EP

 

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