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Isabella Rauti: “Cie di Ponte Galeria è un limbo per troppi”

Visita al centro per verificare di persona la condizione degli ospiti Roma, 29 ottobre 2010 – Visita al Centro di indetificazione e di espulsione di Ponte Galeria a Roma di Isabella Rauti, membro dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio, che ha voluto constatare di persona le condizioni degli immigrati che vivono nel centro. Il consigliere regionale era accompagnata da Chiara Colosimo, vice-presidente della commissione Scuola, diritto allo Studio, Formazione Professionale e Universita’, Giancarlo Miele, presidente Commissione Consiliare Permanente Sviluppo Economico, Innovazione, Ricerca e Turismo e Rocco Berardo, membro della commissione Sanita’ e della commissione Scuola, diritto allo Studio, Formazione Professionale e Universita’.

Alte mura di cinta sorvegliate dalle forze dell’ordine, grandi cancelli di ferro scorrevoli e poi l’ingresso con i controlli e ancora gli uffici giudiziari con tanto di aula per le udienze di convalida o no dell’espulsione e poi il centro vero e proprio, dove sono ospitati gli immigrati. Sono 179 i posti per le donne e 176 quelli per gli uomini e attualmente centro vi sono 69 uomini e 136 donne di diverse etnie. Il Cie e’ gestito dal marzo scorso dalla cooperativa sociale Auxilium ed il direttore e’ Giuseppe Di Sangiuliano.

"Abbiamo voluto effettuare questa visita per verificare personalmente le condizioni degli ospiti, se cosi’ si possono chiamare, del centro, il piu’ grande d’Italia – ha detto Isabella Rauti al termine della visita – e nonostante lo sforzo che la cooperativa sociale compie, e’ comunque una condizione poco vivibile: e’ un limbo per tutti coloro che sono alla ricerca di identita’ stiamo parlando di persone invisivbili e queste persone non trovano una soluzione. Personalmente credo che le condizioni siano peggiori di quelle di un carcere".

"Vi e’ un vulnus – ha aggiunto il consigliere Rauti – e l’aspetto legislativo va riconsiderato: il punto debole dei cinque giorni che hanno dopo essere usciti dal centro per cercare documenti e identita’ sono troppo pochi". Ad Isabella Rauti ha fatto eco Chiara Colosimo sottolineando che "non dipende solo dalle leggi italiane ma anche dai consolati dei paesi di provenienza degli immigrati che spesso non rispondono alle richieste di identificazione e ancora gli immigrati spesso non danno la reale nazionalita’ di provenienza e quindi farli tornare a casa e’ un piu’ un problema sovranazionale che nazionale".

"Questa transitorieta’, questa attesa per la cosidetta ricostruzione della propria identita’ e’ pesante e difficile – ha aggiunto ancora la Rauti – certo se il centro con gli strumenti giusti ed efficaci riesce a lavorare la persona esce presto ma se non ha la collaborazione necessaria dai consolati e uffici internazionali, il centro non riesce a volgere al meglio il suo lavoro. Serve collaborazione dai paesi di origine tanto che ad esempio un romeno, oggi, e’ riuscito ad uscire dopo 15 giorni per la repentina risposta da parte del consolato del suo paese. Ma se le persone sono per cosi dire invisibili, il problema si complica e non si riesce a risolverlo".

Il consigliere Rauti ha infine voluto sottolineare che "quando il prefetto ha affermato che il centro andrebbe chiuso, intendeva per i lavori di ristrutturazione che sono ora in corso. Ha parlato infatti di uno spostamento nell’area nord di Roma proprio per dare la possibilita’ di effettuare i lavori sulla struttura". Isabbella rauti ha poi concluso affermando che "e’ necessario intervenire sulla macchina normativa come anche sui costi del centro cercando di razionalizzarli al massimo".

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