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Torino, 2 dic. – (Adnkronos) – ”La campagna contro i minareti
non e’ stata una campagna contro la fede islamica perche’ le moschee
non sono vietate, e’ stata principalmente una campagna contro gli
immigrati, contro le culture straniere. Pertanto, per coloro che hanno
votato contro i minareti ,religione e cultura sono la stessa cosa”. A
fornire un’interpretazione del referendum di domenica scorsa in
Svizzera, che ha sollevato numerose polemiche e prese di posizione,
anche da parte del Vaticano, e’ Olivier Roy, docente all’Ecoles des
Hautes Etudes en sciences sociales di Parigi e tra i maggiori esperti
dell’Islam nel mondo.
”Il problema , dunque – ha aggiunto a margine di un convegno
sui musulmani di seconda generazione, in corso a Torino – e’ quello
del marker religioso nella sfera pubblica. Un esempio e’ anche la
questione del crocifisso: l’argomento sollevato dal governo italiano
alla corte di Strasburgo e’ stato quello di dire che si tratta di una
questione culturale, ma questa posizione non puo’ essere sostenuta
dalla Chiesa cattolica, per la quale il crocifisso e’ un marker
religioso’.
”Sia i laicisti, sia i cristianisti – ha proseguito lo studioso
– considerano che religione e cultura siano la stessa cosa e cosi’ la
sinistra non si oppone agli immigrati, ma vuole che i musulmani
smettano di essere tali per potersi integrare, la sinistra, cioe’,
vuole qualunque religione nella sfera privata. Per contro la destra
vuole che l’Islam sia vissuto nella sfera privata. Questo e’ cio’
hanno in comune e che accomuna le questioni minareto e crocifisso”.
– Si va, dunque, verso un rischio islamofobia?
”L’islamofobia – ha osservato Roy – si basa su due tendenze, quella
dell’identita’ cristiana dell’Europa, l’idea cioe’ che l’Europa abbia
delle radici cristiane che pero’ non ha nulla a che fare con la fede,
e quella della sinistra laica che e’ contro l’Islam non perche’ e’
religione degli immigrati, ma perche’ religione in quanto tale. Finora
il dibattito in Europa e’ stato tra queste due tendenze, ma il loro
sovrapporsi rischia che l’islamofobia diventi un movimento”
”La religione, pero’ non e’ politica – ha proseguito – il
minareto non e’ politico, pero’ il problema del minareto e’ importante
in quanto e’ visto come discriminante: c’e’ equivalenza tra minareto e
campanile e molte moschee vogliono il minareto perche’ vogliono avere
lo stesso aspetto di una chiesa. Qualcuno, pero’, questo lo sta
impendendo”
Secondo Roy, tuttavia, nella seconda generazione di musulmani
c’e’ da sottolineare uno scollamento profondo tra cultura e religione.
”L’Islam in Europa – ha detto – non e’ l’Islam tradizionale. La
seconda generazione di musulmani ha riformulato l’Islam in termini
occidentali, ma questa ridefinizione non porta necessariamente ad un
Islam liberale e questo e’ proprio il grande errore, pensare che
l’Islam occidentale sia per definizione liberale”.
”Per questo, io credo – ha detto ancora – che
l’integrazione possa avvenire con la riformulazione dell’Islam come
religione e basta”. In questa direzione, secondo lo studioso va letto
il fenomeno denominato ‘born again’, persone, cioe’ ,che scelgono un
ritorno personale alla fede.
”Non c’e’ una comunita’ di musulmani di seconda generazione, ci
sono diversi atteggiamenti, ci sono le minoranze separatiste e una
maggioranza che vuole integrarsi all’interno di alcuni paradigmi, uno
di questi e’ l’Islam in quanto religione. La religiosita’ e’ molto
occidentale, l’individualismo, la salvazione, le emozioni, ma il
marcatore, cio’ che li individua e’ l’Islam”
”Ecco perche’ – conclude Roy – il fatto che una giovane donna
istruita porti il velo non e’ l’espressione della cultura
tradizionale, e’ un modo per essere ‘born again’, ‘rinata’, spiega il
problema della visibilita’ del simbolo religioso perche’ ovunque i
‘rinati’ vogliono essere visti. Il problema della religione nella
sfera pubblica, pero’, non e’ solo una questione che riguarda l’Islam,
e’ un modello del revival religioso contemporaneo, che non e’, pero’,
un problema politico, ma di norme”.