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Roma, 30 ago. – (Adnkronos) – In occasione della visita in
Italia del leader libico Muammar Gheddafi, la sezione italiana di
Amnesty International ha scritto una lettera al presidente del
consiglio Silvio Berlusconi nella quale si chiede all’Italia di
inserire il tema dei diritti umani nell’agenda degli incontri in
programma e, piu’ in generale, al centro delle relazioni bilaterali e
della cooperazione tra Italia e Libia.
"Il dialogo tra i due paesi, culminato nell’accordo di Amicizia,
partenariato e cooperazione di cui ricorre oggi il secondo
anniversario, – si legge nella nota di Amnesty International – ha
riguardato tra le altre cose il contrasto dell’immigrazione irregolare
attraverso attivita’ congiunte di pattugliamento del mar Mediterraneo
e il trasferimento di fondi e di mezzi da parte dell’Italia,
dimenticando la spaventosa situazione dei diritti umani in Libia".
"Nel giugno di quest’anno, – prosegue la nota – Amnesty
International ha diffuso un rapporto nel quale sottolinea come la
situazione dei diritti umani in Libia risenta dell’assenza di riforme,
nonostante il paese intenda giocare un ruolo di maggior rilievo sul
piano internazionale. Il rapporto, basato anche su una missione di
ricerca sul campo del 2009 e aggiornato fino alla meta’ del maggio
2010, denuncia una serie di violazioni dei diritti umani, tra cui la
tortura, la fustigazione delle donne e la pena di morte".
– Negli ultimi anni, Amnesty International ha
riportato che i metodi piu’ utilizzati siano le bastonate, tra cui
quelle sulle piante dei piedi, definite ‘falaqa’, le scariche
elettriche, la sospensione per le braccia e il diniego deliberato di
assistenza medica. "Le autorita’ libiche – dice Amnesty international
nella nota – dovrebbero impegnarsi in maniera efficace affinche’
queste pratiche non siano piu’ tollerate e avviare indagini sui casi
denunciati e sulle persone responsabili, compresi i funzionari
dell’Agenzia per la sicurezza interna".
"In Libia, – spiega Amnesty International – sono inoltre
previste punizioni corporali, inclusa la fustigazione, per persone
condannate a causa di relazioni sessuali al di fuori di un matrimonio
legale, in base alla legge n. 70 del 1973 che prevede fino a 100
frustate. Il codice penale contempla anche sino a sette anni di
carcere per relazioni sessuali extraconiugali. Tali previsioni sono
discriminatorie e colpiscono in maniera sproporzionata le donne. Le
autorita’ libiche – chiede Amnesty International – dovrebbero porre
fine all’applicazione di punizioni corporali e depenalizzare le
relazioni sessuali tra adulti consenzienti. Amnesty International
ritiene che gli uomini e le donne arrestati con queste motivazioni
siano da considerare prigionieri di coscienza e ne chiede l’immediato
e incondizionato rilascio".
"La pena di morte, – prosegue la nota – tema sul
quale l’Italia ha negli ultimi anni assunto un ruolo internazionale di
grande stimolo verso la moratoria sulle esecuzioni e in vista
dell’abolizione globale, e’ prevista in Libia per un numero di reati
ampio, che include anche l’esercizio pacifico del diritto alla
liberta’ di espressione e di associazione. Le sentenze capitali
continuano a essere comminate dai tribunali libici al termine di
processi che violano gli standard internazionali sull’equo processo e
colpiscono in maniera sproporzionata cittadini stranieri".
"L’Italia – conclude lo nota di Amnesty International – potrebbe
assumere un ruolo guida nel dialogo sui diritti umani e impegnarsi in
questo senso a partire dagli incontri in agenda nel corso della visita
del leader libico Gheddafi e, successivamente, in vista della
Revisione universale periodica, nell’ambito del Consiglio Onu dei
diritti umani, che a novembre riguardera’ anche la Libia".