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Italiani i discendenti degli esuli ebrei

Il Viminale: quanti diventarono stranieri per le leggi razziali hanno conservato tutti i diritti dei cittadini italiani

Roma – 18 giugno 2009 – Gli ebrei che persero la cittadinanza  a causa delle leggi razziali sono italiani di diritto e così i loro discendenti.  Lo ha ribadito il ministero dell’Interno, tornando su una delle pagine più buie della storia d’Italia.

Le leggi razziali del 1938, volute dal fascismo e firmate dall’allora re Vittorio Emanuele III, colpirono duramente gli ebrei che vivevano in Italia, vietando ad esempio loro di iscriversi alle scuole pubbliche o di lavorare nella pubblica amministrazione, e limitandone drasticamente il diritto di proprietà, di impresa, di accesso alle libere professioni.

Tra l’altro, furono revocate le cittadinanze concesse ad ebrei dopo il 1919, e gli ebrei diventati così stranieri furono espulsi.  Molti di loro si rifugiarono all’estero, e “ritenendo di versare in condizione di apolidia, spinti dalla necessità di avere uno status civitatis, acquisirono la cittadinanza del Paese di emigrazione”ricorda  una circolare emanata qualche giorno fa dal Viminale.

Caduto il fascismo, le leggi razziali furono abrogate e agli ebrei furono resistiti tutti i diritti civili e politici, compresa la cittadinanza.

È come se gli esuli diventati stranieri non avessero mai perso la cittadinanza italiana, spiega il ministero dell’Interno, “poiché nel loro comportamento non può ravvisarsi una scelta volontaria e consapevole di rinuncia alla cittadinanza italiana”. Di conseguenza, quanti all’epoca non hanno espresso la volontà di perdere la cittadinanza italiana, l’hanno “conseguentemente trasmessa ai loro discendenti”.

La circolare del Viminale

Elvio Pasca

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