Roma, 29 agosto 2024 – Con quasi 163 milioni di followers au TikTok, il 23enne Khaby Lame oggi è uno dei tiktoker più famosi del mondo. Sicuramente, il più seguito. Figlio di migranti senegalesi, Khaby è cresciuto nelle case popolari di Chivasso, una cittadina a trenta chilometri da Torino, dove ha sviluppato il suo talento e ha coltivato i sogni che lo hanno portato al successo internazionale. Da qualche anno è riuscito a ottenere la cittadinanza italiana, ma nemmeno per lui è stato un percorso semplice: l’iter, infatti, l’ha costretto ad anni e anni di attesa. Esattamente come succede per i tanti figli di migranti nati e cresciuti in Italia. La sua testimonianza, raccontata in un’intervista rilasciata a La Stampa, arriva in un momento cruciale per il nostro Paese, in cui il dibattito sullo Ius scholae è più acceso che mai.
Ius Scholae, Khaby Lame: “Mi sono sempre sentito italiano”
Il 17 agosto 2022, Khaby ha ottenuto la cittadinanza italiana, un momento che ha definito “felice”, ma che non ha cambiato il suo senso di appartenenza. “Mi sono sempre sentito italiano“, ha dichiarato in un’intervista a La Stampa, sottolineando come la sua italianità non fosse legata a un pezzo di carta, ma alla sua vita quotidiana, cresciuto tra scuole, amici e cultura italiane. Attualmente, Khaby si trova a Hollywood, dove sta lavorando a due film e a un documentario sul cambiamento climatico. Nonostante il consiglio del leggendario attore Robert Redford di non frequentare scuole di recitazione per mantenere la sua naturalezza, Khaby si sta dedicando allo studio dell’inglese, con l’obiettivo di migliorare l’accento e la dizione.
“Voglio vincere un Oscar”, confessa, dimostrando come il successo non abbia cambiato la sua determinazione a crescere e migliorare. Incontrare il suo idolo, Will Smith, poi, è stato per lui un sogno realizzato, ma Khaby mantiene i piedi per terra, consapevole delle sue origini e dei sacrifici fatti dai suoi genitori.
Nel ricordare la sua infanzia e la sua educazione, infatti, Khaby parla con orgoglio del periodo trascorso in Senegal, dove suo padre lo mandò a studiare il Corano dopo essere stato bocciato a scuola. “Lì ho capito cosa significa vivere in Africa, tra persone che non hanno niente e che fanno moltissimi sacrifici”. Tornato in Italia all’età di 13 anni, poi, ha iniziato a costruire il percorso che lo avrebbe portato alla fama globale, non senza affrontare momenti difficili. Nemmeno per lui, infatti, sono mancati episodi di razzismo. “Adesso un po’ di razzismo lo sento. Mi arrivano frasi che ne sono la prova”, ammette. Non basteranno, però, certi commenti a fermarlo.
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