Roma – 9 gennaio 2013 – Khalid Chaouki ha solo trent’anni, ma una storia lunga alle spalle.
Nato a Casablanca, è arrivato a Parma insieme ai genitori quando di anni ne aveva appena nove. Ha studiato e lavorato a Napoli e oggi, sposato e padre di due figli, vive a Roma.
Giornalista e scrittore, è stato tra i fondatori dei Giovani Musulmani d’Italia e è stato il più giovane membro della Consulta per l’Islam in Italia. Impegnato nell’associazionismo e in politica, in prima linea per i diritti degli immigrati e delle seconde generazioni, è stato tra gli animatori del Forum Immigrazione ed è responsabile Nuovi Italiani del Pd.
Grazie alla candidatura ufficializzata ieri dalla segreteria del partito, sarà probabilmente il primo figlio di immigrati a sedere a Montecitorio, avanguardia di un Paese che è già cambiato nelle strade, ma non ancora nei Palazzi.
“La candidatura mia, di Cécile Kyenge e degli altri nuovi cittadini – dice a Stranieriinitalia.it – è frutto di un lavoro collettivo del Partito Democratico, con in prima fila Pierluigi Bersani, Livia Turco e il Forum Immigrazione. Siamo impegnati da anni sull’immigrazione e sui diritti di cittadinanza e questo è un riconoscimento a quanto abbiamo fatto finora. È l’occasione per portare finalmente la nostra voce dove c’è la rappresentanza per eccellenza di tutti gli italiani”.
Cosa può dire, in più, questa voce?
“Ad esempio che questa Italia è già cambiata, è iniziata un’altra era di questo Paese, che però non trova ancora rappresentanza nello spazio pubblico. Non ci occuperemo quindi solo di cittadinanza e immigrazione, possiamo allargare lo sguardo ai Paesi d’Origine, così come ai giovani nella società e nel mondo del lavoro. Bisogna discutere di pluralismo religioso e culturale e di una scuola che dia pari opportunità a tutti”.
È candidato in Campania, Regione difficile.
“Difficile, ma dalle potenzialità enormi, come tutto il Sud, che conosco bene perché ho vissuto a Napoli e sono stato editorialista per il Corriere del Mezzogiorno. Serve un’attenzione precisa ai nodi dello sfruttamento, della mancanza di lavoro, della legalità e della criminalità organizzata. E sarà bene partire dall’esperienza delle tante associazioni di italiani e di immigrati che sono già impegnate nei territori di frontiera”.
Sia lei che lei che Kyenge siete stati candidati dalla segreteria del PD, senza passare per le Primarie. Per portare i nuovi italiani in Parlamento servono “quote protette”?
“La logica delle quote dà spazio tematiche e di soggetti presenti nella società che non avrebbero garanzie di rappresentanza per ragioni di anagrafe e di costruzione di consenso, che ha bisogno di molto tempo. Il PD ha fatto una scelta lungimirante e intelligente, coerente con il suo impegno sulla riforma della cittadinanza. Naturalmente l’auspicio è che in futuro non servano quote”.
Gli appelli lanciati dalle associazioni romene e albanesi per Harja e Ademi non sono stati ascoltati. Nella formazione delle liste è stata bocciata la logica di rappresentare “singole” comunità straniere?
“Il loro tentativo è stato giusto e importante, e il sostegno che hanno raccolto è comunque un riconoscimento del buon lavoro fatto finora. Il nostro orizzonte è però quello di un Paese dove le comunità si fondono pienamente in una comunità più ampia, che è quella italiana. I nuovi italiani non rappresentano una comunità, ma tutti gli italiani”.
Chi le ha dato la notizia della candidatura?
“Livia Turco, personalità straordinaria che continuerà ad essere un punto di riferimento fondamentale per tutti noi. È lei che ha seguito questo percorso dall’inizio, che si è battuta per i temi che ci stanno a cuore, a lei innanzitutto va il merito e il mio ringraziamento per questa scelta”.
Altri partiti seguiranno l’esempio, candidando immigrati e seconde generazioni?
“Spero di sì. Non ci accontentiamo della scelta del Pd, al di là delle idee credo che sia importante che in tutti gli schieramenti sia rappresentata la nuova Italia. Il pluralismo e il confronto possono solo arricchirci”.
Intanto, però, l’agenda Monti non cita nemmeno l’immigrazione…
“È una cosa che mi ha amareggiato e stupito molto, per il profilo internazionale di Monti, così come per quello di Riccardi, entrambi conoscono le potenzialità dell’immigrazione. Il loro approccio sembra però guardare la società dall’alto al basso, con una pericolosa distanza dalla realtà, dove l’immigrazione è già protagonista”.
Come si sente?
“Molto emozionato, perché una fase di passaggio importante per il nostro Paese e per la mia storia personale. Un po’ preoccupato perché ho sulle spalle la responsabilità, le aspettative di tante persone, delle associazioni, degli immigrati e delle seconde generazioni. Ma sono anche fiducioso, perché questo è un percorso iniziato in gruppo, che continuerà in gruppo. Non sono solo”.
Elvio Pasca