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Kledi: “Clandestino = delinquente? Una stupidaggine”

Il ballerino albanese si racconta a Stranieri in Italia

Roma – 3 luglio 2008 – Kledi Kadiu non ha bisogno di presentazioni. In Italia è idolo di numerose teenager, ma è conosciuto praticamente da tutti indipendentemente dall’età.

Ballerino, origini albanesi, segni particolari: bravissimo nel suo lavoro, che per lui è una passione prima di essere un mestiere. “La danza è disciplina, – dice a ‘Stranieri in Italia’ – aiuta a fronteggiare le difficoltà e a formare il carattere. È un modo di pensare, pensare diversamente”.

Alle spalle Kledi ha la solida formazione dell’Accademia nazionale di danza in Albania e l’esperienza nel corpo di ballo dell’Opera di Tirana. È in Italia da quindici anni. Qui ha trovato il successo televisivo come primo ballerino in noti programmi Mediaset. Non gli sono mancati l’esperienza da attore di fiction (in Rai) e l’esordio sul grande schermo. Insomma, quel che si può definire un artista completo.

Ti senti albanese, italiano, o tutte e due allo stesso modo?
Ho ancora il passaporto dell’Albania e mi sento prima di tutto albanese. Ma dopo tanti anni passati qua, molte caratteristiche degli italiani fanno parte anche di me. Ormai ho la mentalità italiana e in Italia mi sento a casa.

Sei arrivato 15 anni fa, già munito di un’ottima formazione e un buon bagaglio di esperienza nel ballo. Continuare la tua professione qui è stato semplice e immediato o no?
Da noi lo Stato dava una priorità a chi vuole dedicarsi allo sport o all’arte. Le diverse discipline potevano essere coltivate al meglio e gratuitamente. In cambio dovevi dare il massimo e portare la tua bravura ovunque andavi. Arrivato qua ho continuato a ballare e non ho incontrato particolari ostacoli proprio grazie all’ottima formazione che avevo alle spalle.

La preparazione ricevuta in Albania ha fatto quindi la differenza? Ti ha avvantaggiato rispetto ai tuoi colleghi italiani?
Non posso negare che partivo avvantaggiato. I ballerini non erano tantissimi e il livello spesso si rivelava dilettantistico. Io ero più bravo. Nello studio della danza qui si tende a lasciare un po’ la mano. I miei colleghi si esercitavano una, due volte a settimana, io quotidianamente e a tempo pieno.

Guardandosi indietro è stato difficile farcela in Italia – professionalmente e sul piano personale?
Niente è difficile. Ho sempre fatto quello che ritenevo di dover fare e sono andato avanti per la mia strada affrontando le situazioni che mi si presentavano. Sicuramente sono anche stato fortunato, ma le cose vengono da sé, non userei la parola “farcela”.

Oggi cos’è l’Albania e cos’è l’Italia per te?
L’Albania è la mia patria. In Italia ho trovato una stabilità sia dal punto di vista lavorativo che nella vita privata. Mi dispiace solo che vedo cambiato l’atteggiamento nei confronti degli stranieri. Prima c’era maggiore comunicazione, gli italiani erano interessati a conoscere le diverse culture, erano incuriositi e ben disposti. Oggi invece non si fa in tempo a dire “sono romeno”, “sono albanese”, che si instaura immediatamente un clima di diffidenza e l’italiano prende le distanze. Certo, non capita a me, ma ci faccio comunque caso.

Quando si parla di extracomunitari, o di albanesi in particolare, in termini dispregiativi, che effetto ti fa?
Cosa devo farci, sorrido. D’altronde, ogni popolo ha la sua storia, la sua identità, c’è del positivo e del negativo ovunque. Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Una persona non deve essere giudicata esclusivamente per la sua nazionalità. Alla base ci deve essere rispetto.

Ritieni eccessivo l’allarme sicurezza che ultimamente sta creando ostilità nei confronti di molti immigrati?
C’è una scontentezza generale, c’è crisi economica. Dunque accade che l’italiano pensi: “ecco, questo è venuto da chissà dove e ci ha rubato il lavoro”, ecc. Questi ragionamenti non devono esserci. Le cose vanno affrontate con la civiltà che credo appartenga a questo paese.

Il clandestino è un delinquente, come vorrebbe considerarlo chi chiede l’attuazione del reato di clandestinità?
Non credo che l’immigrato irregolarmente presente in Italia, solo per questo fatto debba essere considerato un delinquente. Trovo un tale ragionamento stupido. Anche i clandestini sono prima di tutto persone e vanno considerate tali prima di essere condannate. Non appoggio l’equazione clandestino = delinquente. Ogni persona è diversa, ha una storia diversa alle spalle, che va considerata.

Ma tu sei stato clandestino?
Sono entrato in modo irregolare, ma dopo pochi giorni sono tornato in Albania. Poi sono rientrato in Italia con un visto per studio, però ho iniziato a lavorare e dopo un po’ ho regolarizzato la mia situazione e non ho avuto problemi con i permessi.

Cosa ti manca del tuo paese d’origine? C’è qualcosa che porteresti qui?
Alcune cose non possono essere trasportate, altre – come le tradizioni – fanno parte del luogo e della gente alla quale appartengono. Dunque lascerei le cose dove stanno, al loro posto. Ci sono sempre i ricordi. Quanto ai miei genitori, li vedo spesso, vengono qui quando vogliono.

I veri amici sono più albanesi o più italiani?
Sono di più gli albanesi. Sono fortunato ad averne tanti.

E, sono meglio le italiane o le albanesi?
Hanno caratteri e temperamento molto diversi. Le donne italiane sono viziate. E una volta che pensano di averti in mano, iniziano a comandare. Le donne albanesi hanno più rispetto nei confronti del loro uomo e si instaura un rapporto più equilibrato. Se devo scegliere, preferisco le donne dell’Est.

Molti ti guardano con ammirazione e forse anche con un po’ di sana invidia. Quali consigli daresti a chi vuole realizzare i propri sogni?
Ognuno deve cercare di fare nella vita quello che più gli piace, senza guardare la meta finale. Il successo tocca a pochi e per circostanze particolari, fortuite. L’unico obiettivo dev’essere riuscire in ciò che più ti soddisfa: è questo il vero successo.

Antonia Ilinova

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