Roma – 5 febbraio 2015 – “Quando vedo venire fuori la Kyenge io resto secco”. “Io sono anche un amante degli animali, per l'amor del cielo… però quando vedo uscire delle sembianze da orango, io resto ancora sconvolto”.
Il 13 luglio 2013, dal palco di una festa della sua Lega Nord a Treviglio, il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli propose un paragone tra Cècile Kyenge e una scimmia che fece il giro del mondo. L'Alto Commissariato dell'Onu per i Diritti Umani, ad esempio, la definì "un'affermazione assolutamente scioccante”, mentre il Financial Times invito l'Italia a “liberarsi dei suoi vergognosi politici razzisti”.
Anche da noi, naturalmente, scoppiò una polemica e molti chiesero le dimissioni di Calderoli da vicepresidente del Senato. Lui porse le sue scuse alla Kyenge, ma disse che sarebbe rimasto al suo posto perché non era stata “un' ampissima maggioranza” a chiedergli di lasciare.
Intanto, la vicenda è finita in tribunale. La procura di Bergamo ha chiesto infatti il giudizio immediato per Calderoli, accusandolo di diffamazione aggravata dalla discriminazione: dare della scimmia a una donna nera, questo il ragionamento dei pm, oltre che un insulto è razzismo. Il leghista verrà condannato? Difficile, perché i suoi colleghi senatori lo vogliono salvare.
La Giunta delle Immunità del Senato ha infatti deciso ieri che Calderoli non è perseguibile dalla legge per le parole pronunciate contro Kyenge. A proteggerlo dai giudici sarebbe infatti l'68 della Costituzione, secondo il quale i parlamentari “non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni”. Quando il leghista ha chiamato “orango” la ministra dell'integrazione stava insomma facendo il suo mestiere di senatore della Repubblica.
La decisione della Giunta delle Immunità verrà adesso sottoposta al voto dell'Aula. Protesta Vito Crimi, senatore del movimento 5 stelle relatore della richiesta di sindacabilità. Lui aveva chiesto che Calderoli venisse processato, perché “non c'era alcun nesso funzionale tra le sue dichiarazioni e l'attività politica”, ma è stato sconfessato dai colleghi.
“A suo tempo – ricorda Crimi – Calderoli era stato condannato unanimemente da tutte le forze politiche: dal Capo dello Stato ai presidenti delle Camere e lo stesso Letta [allora presidente del Consiglio n.d.r.] ne aveva auspicato le dimissioni da vicepresidente. E ora tutti pronti a salvarlo, compresa una parte del Pd".
"Quando in un comizio pubblico si fanno dichiarazioni come quelle di Calderoli, non ci sono scusanti che tengano, meno che mai quella di essere un senatore. Attraversiamo un periodo storico in cui l'attacco politico è sempre più forte, ma non è comunque tollerabile -conclude Crimi- che si sconfini nell'odio razziale e nella discriminazione".
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