Le associazioni del Tavolo Nazionale Asilo: “la Turchia non è un Paese sicuro e i respingimenti collettivi sono vietati. L’Unhcr si chiami fuori e il Parlamento lo blocchi”
Roma – 23 marzo 2016 – L’accordo stretto a Bruxelles tra i leader dell’Ue e della Turchia “per bloccare l’immigrazione illegale” non garantisce il diritto d’asilo, violando le stesse norme europee. È illegale e quindi va fermato.
A dirlo sono le associazioni che fanno parte del Tavolo Nazionale Asilo e che da anni e ogni giorno si occupano di chi fugge da guerre e persecuzioni. In un dettagliato documento spiegano le loro ragioni.
La Turchia, denunciano, non può essere considerata un “Paese di primo asilo” o un “Paese terzo sicuro” nel quale rispedire i profughi la cui domanda d’asilo è stata bocciata dalla Grecia. Inoltre, rimandarci automaticamente chi non ha chiesto protezione vuol dire mettere in atto respingimenti collettivi, che pure sono vietati.
Infine, un vizio di forma. Quello che passa per un accordo dell’Unione Europea è più precisamente una decisione del Consiglio Europeo, quindi solo dei capi di Stato e di governo. Dovrebbe quindi passare al vaglio del Parlamento Italiano per essere ratificato o, come auspicano le associazioni, bloccato.
Qui di seguito il documento sottoscritto ieri dalle associazioni del Tavolo Nazionale Asilo: Arci, Asgi, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Centro Astalli, FOCUS – Casa dei Diritti Sociali, Medici per i Diritti Umani, Consiglio Italiano per i rifugiati (CIR), SenzaConfine.
“L’ACCORDO TRA IL CONSIGLIO EUROPEO E LA TURCHIA DEL 17/18 MARZO 2016 E’ ILLEGALE.
Viola gravemente il diritto europeo e tradisce radicalmente la cultura giuridica dell’UE e dell’Italia.
L’accordo del 17/18 marzo 2016 costituisce una decisione dei Capi di Stato e di Governo dell’UE in contrasto con il diritto europeo vigente. Numerose sono le violazioni registrate, tra le quali:
1. L’accordo prevede il respingimento forzato verso la Turchia dei richiedenti asilo giunti in Grecia attraverso il territorio turco dopo che la loro domanda di asilo è stata dichiarata inammissibile. Secondo quanto riportato dal Consiglio europeo, la inammissibilità verrà dichiarata dalle autorità greche, in cooperazione con l’Unhcr, dopo un esame che viene definito individuale, ma che viene descritto in termini di respingimento collettivo. La direttiva 2013/32/UE (direttiva procedure), all’art. 33, stabilisce che la domanda di asilo può essere considerata inammissibile solo a seguito di un esame individuale che conduca in questi casi a poter stabilire che il richiedente asilo possa essere riammesso in un paese terzo definibile “paese di primo asilo” o “paese terzo sicuro”. Queste due nozioni sono meglio specificate agli art. 35 e 38 della stessa direttiva, che richiedono dei requisiti dettagliati che in alcun modo possono essere riscontrati nel caso della Turchia. Quest’ultima, infatti, oltre a violare i diritti umani e a non garantire i principi democratici a propri cittadini, non offre una “protezione sufficiente” ai richiedenti asilo da poter essere definita un paese di primo asilo (art. 35), né offre “la possibilità di chiedere lo status di rifugiato” o di “ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra” tali da potersi qualificare come paese terzo sicuro (art. 38). In altri termini, l’accordo vuole forzare l’attuale normativa (direttiva 2013/32) per qualificare la Turchia come “paese di primo asilo” o “paese terzo sicuro”, in modo da innescare un meccanismo di assolutamente sommaria valutazione delle domande di asilo, che condurrà a una rapida dichiarazione di inammissibilità e, di conseguenza, ad una deportazione forzata sulla base del solo presupposto che si tratta di richiedenti asilo che sono transitati dalla Turchia e che, solo per questo motivo, possono essere respinti verso tale Paese.
2. L’accordo prevede la possibilità di respingere forzatamente verso la Turchia tutti i cittadini stranieri giunti in Grecia dopo aver attraversato il territorio turco che non abbiano presentato la domanda di asilo. Anche in questo caso, l’accordo definisce individuale un meccanismo che viene viceversa descritto come respingimento collettivo, operato in massa nei confronti di tutti i cittadini stranieri che non hanno presentato la domanda (o che verosimilmente non riusciranno a esprimere la loro volontà) sulla sola base del fatto che abbiano attraversato il confine dalla Turchia. Un meccanismo quindi che viola apertamente il divieto di respingimenti collettivi sancito dall’art. 4 del protocollo IV addizionale alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
3. L’accordo appena stipulato rappresenta, infine, una decisione dei Capi di Stato e di Governo e non un vero e proprio accordo dell’UE. Lo stesso necessita, quindi, della ratifica da parte del Parlamento italiano affinché possa considerarsi vincolante per l’Italia.
Alla luce dei profili di illegittimità evidenziati, le associazioni firmatarie chiedono:
I. Alle autorità dell’Unione Europea di rivalutare immediatamente i termini dell’accordo ed escludere che la Turchia possa essere considerata un “Paese di primo asilo” o un “Paese terzo sicuro” ai sensi dell’art. 35 e 38 della direttiva Ue 32 del 2013. SI chiede, inoltre, di rispettare in ogni caso la individualità dell’esame della domanda di asilo, lasciando al richiedente asilo la possibilità concreta di accedere effettivamente alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e di esprimere ogni sua ragione e di esercitare un reale diritto di difesa.
II. All’UNHCR di non partecipare alle operazioni di valutazione di massa della inammissibilità delle domande di protezione internazionale avanzate in Grecia dai richiedenti giunti dalla Turchia. La valutazione circa l’inammissibilità rappresenta l’anticamera del respingimento collettivo e l’Unhcr non può e non deve legittimare una tale operazione.
III. Al Parlamento italiano di sottoporre a ratifica la decisione dei Capi di Stato e di Governo e di non autorizzare la stessa per contrarietà al diritto europeo, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’art. 10, 3° co., della Costituzione italiana e più in generale ai principi fondamentali della nostra civiltà giuridica e della nostra tradizione democratica.
22 marzo 2016
Arci, Asgi, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Centro Astalli, FOCUS – Casa dei Diritti Sociali, Medici per i Diritti Umani, Consiglio Italiano per i rifugiati (CIR), SenzaConfine”