Francesco a Ciudad Juarèz, sul confine tra Messico e Usa. “La migrazione forzata una tragedia umana, un fenomeno globale”
Ciudad Juarèz (Messico) – 18 febbraio 2016 – Si è concluso ieri a Ciudad Juarèz il viaggio apostolico di Francesco in Messico, su quel confine con gli Stati Uniti che è uno dei simboli delle migrazioni. Prima di celebrare la messa, il papa ha voluto pregare sotto la croce che, accanto alle acque del Rio Grande, ricorda quanti sono morti cercando di oltrepassarlo.
“Non possiamo negare la crisi umanitaria che negli ultimi anni ha significato la migrazione di migliaia di persone, sia in treno, sia in autostrada, sia anche a piedi attraversando centinaia di chilometri per montagne, deserti, strade inospitali. Questa tragedia umana che la migrazione forzata rappresenta, al giorno d’oggi è un fenomeno globale” ha detto il pontefice nel corso dell’omelia.
“Questa crisi, che si può misurare in cifre, noi vogliamo misurarla con nomi, storie, famiglie. Sono fratelli e sorelle – ha ricordato – che partono spinti dalla povertà e dalla violenza, dal narcotraffico e dal crimine organizzato”
Quindi l’appello: “Mai più morte e sfruttamento! C’è sempre tempo per cambiare, c’è sempre una via d’uscita e un’opportunità”. Tra i “segni che diventano luce nel cammino e annuncio di salvezza”, Bergoglio ha citato il “lavoro delle organizzazioni della società civile in favore dei diritti dei migranti” e “di tante sorelle religiose, di religiosi e sacerdoti, di laici che si spendono nell’accompagnamento e nella difesa della vita. Danno aiuto in prima linea rischiando molte volte la propria”.
Francesco ha salutato anche i tanti che si erano radunati oltre il confine, nello stadio dell’Università di El Paso, Usa, per seguire la messa sul maxischermo. “Con l’aiuto della tecnologia, possiamo pregare, cantare e festeggiare insieme l’amore misericordioso che Dio ci dona, e che nessun confine – ha sottolineato – potrà impedirci di condividere”.