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La corsa di Sibi al Campidoglio: “Io sono romano”

L’Italo-indiano Kumaramangalam  candidato dal PD alle comunali: “Non solo immigrazione, siamo cittadini come gli altri”. E lancia la campagna “Adotta un italiano”

Roma – 23 aprile 2013 – “Adotta un italiano, fai votare per Sibi”.

È uno degli slogan della corsa al Campidoglio dell’italo indiano Sibi Mani Kumaramangalam, 46 anni, unico candidato di origine straniera che il Partito Democratico di Roma ha messo in lista per le elezioni di fine maggio. Un invito ai duecentocinquantamila concittadini immigrati senza diritto di voto a fare campagna elettorale per lui su chi invece alle urne ci può andare.

Kumaramangalam (“sulla scheda basterà scrivere Sibi” si preoccupa, comprensibilmente, di sottolineare) è arrivato dal Kerala a Roma nel 1990, quando i suoi connazionali nella Capitale erano ancora pochi. “Ci conoscevamo  tutti” racconta. Studente di ingegneria alla Sapienza, lasciò presto le aule per mantenersi, passando per una lunga serie di lavori: “Sono stato gelataio, autista in un centro per subnormali, portiere di un palazzo ai Parioli… Oggi ho un’agenzia di disbrigo pratiche”.

L’impegno sociale e politico non è dell’ultim’ora. “Ho iniziato nella comunità indiana, facendo il mediatore per i ragazzi appena arrivati che non conoscevano l’italiano. Poi nel 2004 ho tentato di diventare consigliere aggiunto, non ci sono riuscito, ma sono entrato nella consulta delle Comunità straniere di Roma”. Di lì il primo contatto con la Margherita, che confluirà nel Partito Democratico, momento fondativo che lo vede in prima linea.

Eletto nell’assemblea nazionale del Pd nel 2007 e nel 2009, oggi è l’unico delegato di origine straniera su mille. È anche  segretario di “no borders” circolo romano del partito dedicato all’immigrazione. “La mia candidatura – dice –  non è insomma un modo di mettere un po’ di colore nella lista, ma arriva dopo un percorso lungo. Ed è coerente con l’impegno del PD a dare rappresentanza ai nuovi italiani”.

Di sicuro, se arriverà in Consiglio Comunale, non parlerà solo di immigrazione. “Quando la gente vede che ho un cognome straniero non può pensare che io sia un immigrato e basta. Io sono un cittadino di Roma, qui vivo e lavoro ed è per migliorare Roma, la mia città, che voglio entrare in Consiglio Comunale. Voglio occuparmi di temi sociali,  come il disagio giovanile e l’ abbandono scolastico, di ambiente, di urbanistica…”

Nel suo programma c’è anche un potenziamento degli asili nido comunali. Da padre di un bambino di quattro anni e mezzo (“che parla romanesco e non sa cos’è l’immigrazione”) sa quanto è difficile entrare nelle graduatorie: “E invece un posto andrebbe garantito a tutti i bimbi che nascono a Roma, ampliando le strutture comunali si creerebbe  anche occupazione”.

Renziano, alle primarie di Roma ha appoggiato Gentiloni, “ma ora siamo tutti uniti per far diventare sindaco Ignazio Marino”. Con le campagne de l”L’Italia sono anch’io” si è battuto per riformare la legge sulla cittadinanza e per riconoscere il diritto di voto degli immigrati alle elezioni locali. Certo, se anche tutti i nuovi romani potessero davvero andare alle urne, la sua sfida forse sarebbe più facile.

“La maggior parte degli immigrati – ammette – non può ancora votare. Però non vivono isolati, conoscono tanti romani che possono farlo. Ecco, ognuno di loro ne scelga uno e lo convinca a votare per me. Così ce la possiamo fare”.

Elvio Pasca
 

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