Roma – 3 maggio 2012 – È morto soffocato a sedici anni mentre cercava di raggiungere l’Italia. L’ennesima tragedia dell’immigrazione ha per protagonista un giovane afghano che si era nascosto nell’intercapedine di un camion imbarcato su un traghetto greco arrivato ieri a Venezia da Patrasso. Con lui due compagni di viaggio, di diciotto e vent’anni, che ora sono ricoverati in condizioni gravi all’ospedale di Mestre.
Quello che è successo, scrive oggi sul Corriere del Veneto Massimiliano Melilli, “ci fa sbattere il muso su una realtà che ignoriamo, sino a quando la cronaca nera non ci offre lo spunto: è il fenomeno dell’immigrazione. Che in Veneto significa quasi sempre lavoro e integrazione ma a volte anche dolore e morte”.
Ecco perché, propone l’editoriale, “è arrivato il momento di pensare e realizzare in Veneto un monumento al migrante ignoto. Servirebbe da monito a noi tutti, laici e cattolici”. “Sarebbe utile – continua Melilli – a non farci dimenticare in tempi di crisi la parola solidarietà. La stessa che per anni ci hanno raccontato, sotto mille e poi mille storie, i nostri nonni o parenti migranti in giro per il mondo”.
In altri Paesi già esistono da tempo musei dell’immigrazione e monumenti al migrante. “Fanno onore anche agli immigrati veneti morti, in un passato che brucia ancora, dopo viaggi della speranza. Gli stessi dei tre ragazzi afghani sbarcati a Venezia. Non dimenticando la vittima sedicenne – conclude il giornalista – ricorderemo a noi stessi che si può morire per aver inseguito un sogno: una vita migliore”.