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“La Questura di Milano impedisce ai profughi di chiedere asilo”

Fanno compilare un modulo preliminare, in caso di risposte “sbagliate” scatta l’espulsione. Gli avvocati non possono entrare. Massarotto (Naga): “Prassi illegittime, violati i diritti di chi cerca protezione”

 

 

Roma  – 29 aprile 2016 –  Ci sono troppi richiedenti asilo? Basta impedire che altri presentino la domanda, magari lontano dagli occhi indiscreti degli avvocati .

Secondo Naga, Asgi e Avvocati per Niente, è quello che sta succedendo nella Questura di Milano. Dall’inizio di aprile, agli stranieri che vogliono chiedere la protezione internazionale viene fatto prima compilare un modulo prestampato con una serie di domande sommarie, tipo Da dove vieni? Per quali Paesi sei passato?  Perché sei qui?… Chi lo riempie, non sa che si sta giocando il futuro. 

“Il funzionario di turno esamina le risposte e solo in base a quelle decide se ha davanti un profugo o un migrante economico. Nel primo caso fa compilare e presentare la vera domanda d’asilo, nel secondo notifica all’interessato un decreto di espulsione, considerandolo un irregolare, senza accettare e registrare la sua domanda. In pratica fa una sorta di selezione all’ingresso” dice a Stranieriinitalia.it Pietro Massarotto, presidente del Naga. 

Per chi non riesce a presentare la domanda e rimedia un’espulsione, la strada diventa decisamente in salita e passa necessariamente per i tribunali. Ci vorranno mesi, anni, prima che possa far valere i suoi diritti. 

È una prassi, denunciano le associazioni, evidentemente illegittima. La Commissione Territoriale per l’asilo è l’unica autorità che può decidere se una domanda di protezione è fondata o no. In questo modo invece un singolo poliziotto si sostituisce a  esperti decisamente più qualificati di lui nel capire se una persona fugge da guerre e persecuzioni e quindi ha diritto a rimanere in Italia. 

La legge impone alle Questure di ricevere le domande d’asilo e di girarle alle Commissioni Territoriali, che si esprimeranno dopo aver ascoltato caso per caso le ragioni di chi le ha presentate. Moduli di quel tipo erano stati in realtà già avvistati negli hotspot, ora arrivano negli uffici stranieri: “Stanno facendo così anche a Bologna e in alcune Questure del sud Italia” segnala Massarotto, e a questo punto viene il dubbio che siano arrivate più o meno ufficialmente indicazioni dall’alto.  

Non finisce qui. Da una ventina di giorni, la Questura impedisce l’ingresso agli avvocati dei richiedenti asilo. Anche questa prassi è contro la legge, secondo la quale chi chiede la protezione internazionale può “farsi assistere, a proprie spese, da un avvocato” anche nell’accesso alla procedura. Difficilmente però un avvocato rimarrebbe zitto davanti a quel curioso modulo di valutazione preliminare. 

Il Naga a Milano ha un centro di accoglienza diurna dove i profughi possono passare il tempo facendo diverse attività, corsi di italiano compresi. Tanti arrivano ai suoi sportelli col passaparola, altri, come nei mesi scorsi molti siriani ed eritrei, bisogna andarli a incontrare lì dove si sono accampati. Al Naga curano, aiutano, informano, ma negli ultimi tempi non consigliano di andare in Questura per la domanda d’asilo, troppo rischioso. 

“Questa è una delle violazioni più gravi viste negli ultimi anni, perché è generalizzata e perché aggredisce soggetti portatori di diritti pieni. Lo scopo è ridurre le richieste di asilo e non far scattare l’obbligo di garantire  quei diritti, di  accogliere queste persone o di avviare tutte le procedure legate alla domanda. Preferiscono trasformarli in immigrati irregolari” denuncia Massarotto.  

Naga, Asgi e Apn hanno scritto alla Questura, intimandole di “interrompere immediatamente le illegittime prassi segnalate” e di consentire agli stranieri di presentare la domanda di asilo, anche accompagnati dagli avvocati. Le associazioni minacciano di rivolgersi alla Commissione Europea e all’autorità giudiziaria italiana. La Questura, finora, non ha risposto: “Ci hanno mandato solo una richiesta, non firmata, di fornire  ‘ulteriori dettagli’. Come se fossimo noi lì dentro a far compilare quei moduli. È ridicolo, verrebbe da sorridere, se la situazione non fosse così drammaticamente seria”. 

Elvio Pasca

 

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