Per trovare lavoro si affidano al passaparola. I risultati dell’indagine Ismu – Censis – Iprs
Roma – 3 maggio 2011 – Un lavoro fisso e regolare resta un’aspirazione non solo per gli italiani, ma anche per i cittadini immigrati. E’ quanto emerge da un’indagine promossa dal ministero del Lavoro e condotta da Ismu, Censis e Iprs e realizzata su un campione di 13mila lavoratori immigrati, pubblicata sulla rivista ‘liberta’civili’.
Anche l’ingresso sul mercato del lavoro segue le stesse regole valide per i cittadini italiani, con l’assoluta prevalenza dei canali informali, tra i quali si trova il passaparola, attraverso il quale il 73,3% dei lavoratori stranieri dichiara di aver trovato l’attuale lavoro.
Le professioni piu’ frequenti tra gli intervistati sono quelle di addetto alla ristorazione e alle attivita’ alberghiere (16%), assistente domiciliare (10% e 19% tra le donne) e operaio generico nei servizi, nell’industria o in edilizia. Tra le figure meno diffuse, vi sono quelle a maggiore qualificazione, le professioni intellettuali, gli operai specializzati, i medici e paramedici, i titolari di impresa e i tecnici specializzati.
Il 33% dei lavoratori stranieri da quando e’ in Italia ha svolto un solo lavoro e il 40,4% e’ stato impiegato in due attivita’. Soltanto un quinto (19,2%) dichiara di aver cambiato tre impieghi e meno di uno su dieci (7,4%) quattro o piu’. Se la complessita’ della carriera tende ad aumentare con il crescere dell’eta’ posseduta e degli anni di permanenza in Italia, dal punto di vista delle nazionalita’, si nota che i soggetti maggiormente interessati dalla mobilita’ lavorativa sono gli albanesi, i peruviani e i senegalesi mentre, sul versante opposto, cinesi, indiani e bengalesi rivelano una minore mobilita’.
In ogni caso, la complessita’ dei percorsi lavorativi in termini di numero di lavori svolti non sempre e’ indice di una progressione nella carriera; sembrerebbe invece che quando i cambi di lavoro risultano troppo frequenti si sia in presenza di storie professionali particolarmente complesse, spesso caratterizzate da periodi di disoccupazione o da persistenza in forme contrattuali a tempo determinato nelle mansioni meno qualificate e remunerate.
Mediamente, i lavoratori immigrati intervistati hanno sperimentato due esperienze di lavoro, con una durata media di circa tre anni. Se però si considerano solo le esperienze di lavoro concluse, la durata media scende, a segnalare come il turn over sia piu’ marcato nelle fasi immediatamente successive all’arrivo in Italia. Il 77,6% degli immigrati si dichiara soddisfatto del lavoro attuale e individua, come principale aspetto di miglioramento rispetto alla situazione precedente, la retribuzione, seguita dalla condizione contrattuale, dal tipo di lavoro svolto e dalla stabilita’.
Meno numerosi risultano coloro che rilevano un aumento dei livelli delle competenze pregresse. Chi e’ in possesso di una scolarizzazione piu’ elevata si presenta comunque nel nostro paese con maggiori ‘chance’ di vedersi riconoscere sul campo le comptenze pregresse e, insieme, con un capitale culturale che lo rende in grado di attivarsi personalmente per cogliere le opportunita’ di orientamento e di formazione che offre il mercato o l’azienda nella quale e’ inserito.