Il giudice del lavoro dà ragione a un cittadino romeno impiegato irregolarmente in un’azienda agricola del padovano. La titolare dovrà pagargli 15mila euro di arretrati
Padova – 25 gennaio 2008 – Un clandestino, per legge, non può essere assunto, ma chi lo impiega in nero è tenuto comunque a pagarlo come se fosse un normale lavoratore, secondo quanto stabilito dalla contrattazione collettiva.
Lo ha ribadito qualche giorno fa un giudice del lavoro di Padova, Gaetano Campo, al termine di una vertenza tra un cittadino romeno e la titolare di un’impresa agricola di Montegrotto, un paesino sui colli Euganei.
I fatti risalgono a quando la Romania non faceva ancora parte dell’Ue e Sorin (il nome è di fantasia) era un immigrato senza permesso di soggiorno in cerca di lavoro. Angela B. lo aveva quindi preso nella sua azienda, ovviamente senza un contratto e a condizioni tutt’altro che vantaggiose: 2,50 euro all’ ora per sette giorni alla settimana, con più di 12 ore al giorno passate ad accudire animali, pulire stalle e fare altri lavori agricoli.
Quando Sorin ha perso il posto senza vedersi riconosciuta nemmeno una buona uscita ha deciso di aprire una vertenza contro la titolare dell’azienda, chiedendo arretrati, straordinari, Tfr e quant’altro gli era stato negato quando lavorava in nero. La sentenza è arrivata dopo due anni, quando Sorin è ormai un cittadino europeo, ma gli ha dato ragione: Angela B. dovrà pagargli quasi 15 mila euro.
“Il rapporto di lavoro del lavoratore “clandestino” non comporta la soppressione dei diritti patrimoniali maturati in conseguenza dello svolgimento della prestazione lavorativa” scrive il giudice Campo. Inoltre, la normativa vigente "riconosce al lavoratore migrante il diritto alla parità di trattamento con i lavoratori nazionali per quanto concerne il trattamento retributivo, anche quando la legislazione in materia di ingresso non sia stata originariamente rispettata".
A poco serve appellarsi al Testo Unico sull’immigrazione, che sanziona chi assume stranieri irregolari. “La violazione di questa norma – si legge nella sentenza – non comporta l’illiceità del contratto di lavoro stipulato dal lavoratore privo di permesso di soggiorno, dal momento che quest’ultimo costituisce un requisito di efficacia e non di validità del contratto. Tanto è vero che, – nota il giudice – nelle ipotesi in cui il lavoratore non in regola con le norme sul soggiorno perda il permesso, non si determina l’automatica estinzione del rapporto…”