Roma – 3 settembre 2012 – L’8 agosto 1991 al porto di Bari attraccò la Vlora, una nave carica all’inverosimile di cittadini albanesi in fuga dal loro Paese per inseguire il sogno dell’Italia. Erano circa ventimila, trattenuti per giorni nello stadio della città pugliese, furono poi quasi tutti rimpatriati.
A quell’odissea è dedicato “La nave dolce”, documentario di Daniele Vicari presentato in questi giorni Fuori Concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Raccoglie le testimonianze di chi era sulla nave, come il ballerino Kledi Kadiu, “rivedere quelle immagini oggi mi fa un grande effetto, mi sembra di aver vissuto un film” racconta, o Eva Karafili, che oggi vive in Puglia e ha una figlia nata qui: “eppure – rivela – non ha la cittadinanza e questa è un’ingiustizia”.
”Fu l’arrivo di massa piu’ importante di quel periodo e fu anche il primo respingimento di massa”, dice il regista Daniele Vicari, secondo il quale “ci fa bene guardare queste immagini per la responsabilita’ che abbiamo tutti noi di amare questo paese e di dare a tutti, noi compresi, il diritto al sogno e alla cittadinanza”.
“La Corte europea – ricorda Vicari – ci ha condannati per i respingimenti in Libia e siamo colpevoli, a me non sta bene come non venivano accolti e come non sono accolti oggi i migranti, ma anche l’Europa deve aiutare perche’ noi ne facciamo parte anche se come paese frontaliero siamo piu’ esposti. C’e’ un paradosso europeo da risolvere ma intanto dico che siamo tutti Kledi Kadiu, un ragazzino che fu respinto e che sognava un futuro migliore”.
“Io – rivela il regista – sono il primo della mia famiglia a non emigrare, lo ha fatto mio nonno minatore in Belgio e mio padre in Svizzera. Non possiamo dimenticare chi siamo”.
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