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“Lasciateci il barcone”. Gli scafisti minacciano con le armi i soccorritori

Quattro uomini con un kalashnikov si fanno consegnare dalla Guardia Costiera l'imbarcazione appena salvata al largo di Tripoli. Servirà per un altro viaggio

Roma – 16 febbraio 2015 – Duemilacentosessantaquattro persone. É la conta delle vite salvate ieri nei numerosi interventi che hanno impegnato Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare nelle acque del Canale di Sicilia.

In meno di diciotto ore sono stati soccorsi diciassette tra barconi e gommoni. Le operazioni sono avvenute a 100 e 120 miglia dalle coste di Lampedusa, quindi in acque territoriali libiche. Ed è proprio davanti a Tripoli che ieri è successo un episodio inquietante e senz aprecedenti.

Un motovedetta della Guardia Costiera Italia aveva affiancato un barcone carico di profughi e stava prestando i primi soccorsi. A un certo punto è però stata raggiunta da un barchino con a bordo quattro uomini armati di kalashnikov, che hanno obbligato gli italiani a lasciare loro il barcone vuoto.

Ai militari italiani, che durante questo tipo di operazioni non sono armati, non è rimasto che obbedire. Il barcone “recuperato” dagli scafisti servirà con ogni probabilità a organizzare un altro viaggio nel Mediterraneo.

"È un fatto allarmante, che segna un ulteriore salto di qualità nell’orrendo traffico di donne, uomini e bambini nel Mediterraneo", ha commentato il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, dal cui ministero dipende la Guardia Costiera.

"Siamo vicini agli uomini e alle donne della Guardia costiera -ha aggiunto Lupi –  che si prodigano da anni per salvare da morte certa migliaia di persone e che per questo rischiano la vita. Oggi a maggior ragione riteniamo che per affrontare adeguatamente questo dramma sia indispensabile un intervento delle istituzioni internazionali in Libia"

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