Decreto del governo per recepire una direttiva europea. Ecco le novità principali, dai nulla osta pluriennali alle conversioni dei permessi
Roma – 26 agosto 2016 – Cambiano le regole per i lavoratori stranieri stagionali, gli unici che nonostante la politica delle frontiere chiuse continuano ad arrivare in Italia per dare una mano in aziende agricole, ristoranti e alberghi. Salvo poi tornarsene in patria dopo qualche mese, quando non c’era più bisogno di loro.
A fine luglio il governo ha approvato in via preliminare e inviato in Parlamento per i pareri, uno schema decreto legislativo che recepirà la direttiva 2014/36/UE. Questa è dedicata alle “Condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali”.
Il decreto, che introduce novità e in alcuni casi trascrive nel Testo Unico sull’Immigrazione norme già esistenti nei regolamenti di attuazione, specifica che gli stagionali stranieri possono essere impiegati solo nei settori “agricolo e turistico-alberghiero”. Rende inoltre più semplice il rilascio di nulla osta pluriennali all’ingresso, che slegano l’arrivo dei lavoratori dai decreti flussi: basterà essere stati già in Italia come stagionali almeno una volta negli ultimi cinque anni e non per due anni consecutivi come oggi.
Anche la regola del silenzio assenso dopo 20 giorni dalla richiesta del nulla osta scatterà se il lavoratore è stato qui almeno una volta negli ultimi cinque anni, mentre oggi deve essere stato qui l’anno prima. Diventa poi più semplice convertire il permesso di soggiorno da stagionale a non stagionale a fronte di un’offerta di lavoro a tempo determinato o indeterminato: la richiesta potrà essere presentata dopo tre mesi di lavoro stagionale, mentre oggi questa possibilità è riservata a chi è stato già qui come stagionale negli anni precedenti.
Una novità importante riguarda la disponibilità dell’alloggio che dovrà essere dimostrata dal datore di lavoro. Il decreto specifica che l’eventuale canone di affitto non può essere eccessivo rispetto alla qualità dell’alloggio e alla retribuzione del lavoratore straniero e, in ogni caso, non è superiore ad un terzo di tale retribuzione. Inoltre, non può essere decurtato automaticamente dalla retribuzione.
Più tutele, infine, per chi viene chiamato qui da aziende che non hanno le carte in regola per portare a termine l’assunzione. Se il rifiuto o la revoca del nulla osta o del permesso di soggiorno saranno dovuti a cause attribuibili al datore di lavoro, questi dovrà comunque versare al lavoratore le retribuzioni che gli aveva promesso per i mesi in cui avrebbe lavorato in Italia.
Bisognerà ora attendere i pareri di Camera e Senato e l’approvazione definitiva per capire se e come queste novità verranno confermate.
EP
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