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Le Acli: “Italiano chi nasce in Italia o è qui da cinque anni”

Proposta per la riforma della cittadinanza. Olivero: "Criteri di buon senso che non siano vessatori"

Roma – 3 settembre 2009 – Cittadinanza a chi nasce in Italia e a chi risiede qui per cinque anni. A patto però che parli italiano, conosca gli elementi fondanti del nostro ordinamento, abbia un reddito, un  luogo dove vivere e la fedina penale pulita. 

È la riforma della cittadinanza che le associazioni cristiane lavoratori italiani proporranno al governo al termine dell’incontro “Cittadini in-compiuti: quale polis  globale per il XXI secolo", in corso a Perugia. Ad anticiparla oggi su Affaritaliani.it, è stato il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero.

“Crediamo  – dice Olivero – che si debba introdurre lo ius soli accanto allo ius sanguinis: quanti nascono sul nostro territorio devono essere italiani, anche se i genitori non lo sono e sono magari appena arrivati in Italia. Proponiamo poi che siano dimezzati i tempi di concessione della cittadinanza da 10 a 5 anni e che i minori che non sono nati nel nostro paese ma hanno compiuto un ciclo completo di studi  possano accedere al termine della scuola alla cittadinanza".

"Quando parliamo di allargamento della cittadinanza – aggiunge il presidente delle Acli – non parliamo mai di svendita: si possono trovare criteri di buon senso che non siano vessatori. Tutti gli stranieri devono essere in grado di avere un minimo di conoscenze per comunicare con gli altri. Non chiediamo di sapere la Costituzione a memoria ma di conoscere quali sono alcuni elementi fondanti della nostra legge. E’ un modo per essere titolari di diritti e non solo di doveri e per mettere le persone nella condizione di essere pienamente cittadini".

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