Roma – 19 aprile 2013 – Tagliare fuori gli immigrati dal welfare lombardo. Negare loro borse di scuole, asilo nido, servizi socio-sanitari o case popolari. E attenzione: per immigrati, nella maggior parte dei casi, non si intendono solo gli extraue, ma semplicemente gli extralombardi. Nuovi residenti nella Regione governata dalla Lega Nord, che proprio per quell’essere “nuovi” vanno trattati come cittadini di serie B.
È questo il succo di tre proposte di legge presentate ieri al Pirellone dal leghista Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del Consiglio Regionale.
“Si tratta – spiega Cecchetti – di proposte legislative per introdurre criteri che premino coloro che risiedono da più tempo sul territorio della nostra Regione dando loro la possibilità di avere accesso ad alcuni servizi. Considerato infatti il periodo di forte crisi economica e la necessità di migliorare la gestione delle risorse finanziarie disponibili, riteniamo doveroso intervenire in questo senso”.
Due proposte vogliono introdurre il termine temporale di quindici anni di residenza continuativa sul territorio regionale per accedere a benefici in materia di diritto allo studio e dei servizi in ambito sociale e sociosanitario, ad esempio per avere la precedenza nelle graduatorie degli asili nido. La terza proposta riguarda invece l’accesso all’edilizia residenziale pubblica: il progetto oltre ad elevare gli anni di residenza continuativa necessari da 5 a 15, riserva una quota massima del 5% per assegnazione degli alloggi ALER ai cittadini di Stati non aderenti all’Unione Europea.
“In questo modo – sostiene Cecchetti – si andrà a riequilibrare una situazione assurda che fino ad oggi ha visto premiare gli ultimi arrivati a scapito di chi risiede da sempre in Lombardia e si trova paradossalmente scavalcato in graduatoria”.
Pare che i leghisti abbiamo scarsa frequentazione con la Costituzione e i suoi principi. Gli stessi in base ai quali, solo pochi mesi fa, la Consulta ha eliminato diversi o passaggi di una legge della Provincia Autonoma di Bolzano che pure aveva imposto agli immigrati un tetto minimo di anni di residenza in provincia per accedere a prestazioni sociali, aiuti economici o borse di studio.
Per i giudici quelle norme contrastavano, tra le altre cose, con il principio di uguaglianza e con il diritto alla studio sanciti dalla Costituzione. E nella sentenza si faceva notare che non c’è una relazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno e di disagio che sono il presupposto per accedere ai servizi sociali. Difficile, insomma, che, seppur approvate, le leggi leghiste abbiano lunga vita.
“La Lega torna ad imbracciare la sterile ideologia, questa volta in modo indecente, perché colpisce anche i bambini” tuona intanto, il capogruppo regionale del Partito Democratico. Che ricorda che “la proposta discrimina la gran parte delle persone che hanno deciso di stabilirsi in Lombardia, pagano le tasse e rispettano le leggi, siano essi cittadini italiani, europei e in particolare se extracomunitari. Anche i concittadini della cosiddetta macroregione tanto cara a Roberto Maroni”.
Elvio Pasca