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Il portale dell'immigrazione e degli immigrati in Italia

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Ma come è bello lo spot sull’immigrato

di  Sergio Talamo

Roma – 13 maggio 2009 – Invece che sulle non dimostrate (e del tutto improbabili) frequentazioni di minorenni, Silvio Berlusconi andrebbe incalzato su altri temi. Ad esempio: quando parla di immigrazione, riflette su ciò che dice oppure paga solo un debito politico con Bossi?

Le ultime due sortite, in effetti, farebbero pensare alla seconda ipotesi: “Vade retro Italia multietnica”; “Nei barconi c’è solo gente reclutata, nessuno che abbia diritto all’asilo”. Un vero peccato, per un premier così popolare e che varie volte ha dimostrato coraggio nell’infrangere i pregiudizi. 

La prima uscita è perentoria come la frase di uno spot: non vogliamo un’Italia multietnica. E quale Italia vogliamo, di grazia? Un paese dove bisogna per forza essere nati a Rovigo o a Campobasso, o addirittura una contrada in cui i propri genitori sono “gente di qui” come nei telefilm americani? Un’Italia di indigeni, etnicamente uniforme, dove i biondi sono tutti al Nord e i mori al Sud? E in quel caso, cosa ce ne facciamo di Mario Balotelli, che è italianissimo ed è pure di Brescia?

Gli slogan sono belli, aiutano i giornalisti a fare i titoli, ma molto spesso portano fuori strada. E’ fin troppo semplice ribadire al presidente del Consiglio che l’Italia è multietnica già da un pezzo, e che nessun paese sviluppato oggi può permettersi la purezza della razza. Non solo per motivi politici o umanitari: è una questione economica, di scambio e di accoglienza di altre risorse, altre intelligenze, altre competenze. Tra i tanti, basta un dato quasi buffo nella sua evidenza: in Italia i lavoratori stranieri hanno superato i dipendenti della pubblica amministrazione. Secondo i dati del Sole 24 Ore, i primi sono 3 milioni e 561mila, i secondi 3 milioni e 366mila. Quindi, chi dice che la pubblica amministrazione è “la più grande azienda del paese”, farebbe bene a rifare i calcoli: la più grande azienda italiana è… multietnica. Tre milioni e mezzo di lavoratori, che diventano almeno quattro e mezzo se consideriamo anche gli irregolari.

Ancora: le 700mila badanti in regola sono più numerose di tutto il personale della sanità pubblica, che tra medici e paramedici si ferma a 682mila addetti. E se gli imprenditori stranieri assicurano il segno positivo nei più recenti rapporti fra imprese nate e imprese morte, lo stesso meccanismo vale per il bilancio generale della nuova Italia. Gli abitanti del nostro paese crescono solo grazie agli immigrati, altrimenti appariremmo per ciò che siamo: un paese triste e vecchio che non fa figli anche perché non sa aiutare i giovani e le donne a credere nel futuro.

Questo, insomma, il ritratto dell’Italia reale, al di là degli anatemi pro-Lega di Berlusconi. Scambiare la sacrosanta lotta ai criminali ed ai clandestini con l’aspirazione ad un’Italia “etnica” è un errore non degno di un grande leader. Naturale che persino il quotidiano di famiglia, il Giornale, sia apparso quanto meno imbarazzato: “Italia multietnica? Il problema sono i delinquenti”, dice saggiamente Maria Giovanna Maglie, rifiutandosi di pensare che a metterci nei guai siano gli operai, i muratori, le colf o il giovane arabo dell’angolo che peraltro fa un ottimo kebab.

La seconda frase ad effetto, “su questi barconi, non c’è nessuno che abbia diritto all’asilo”. Tutta gente “reclutata” dal racket. A contraddire questa tesi ci sono i dati: l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati dice che nel 2008 il 75% degli immigrati sbarcati sulle coste italiane hanno presentato una richiesta d’asilo politico e il 50% di queste domande è stato accettato. Ma non ci voleva l’Onu per capire che uno che si mette in mare, buttando in acqua non solo il proprio destino ma anche tutti i propri risparmi, tanto “reclutato” non è: ha anzi fortissime motivazioni. E spesso queste motivazioni trovano radici nella guerra o nelle persecuzioni politiche in atto nei loro paesi.

Caro Presidente, noi capiamo che chi non ha diritto di voto non rientra nei panel dei suoi sondaggisti. Però lei, da imprenditore di rango qual è, ricordi qualche volta che anche chi non vota consuma e, se è anche regolare, paga fior di tasse. Non sarà biondo o moro come gli italiani “etnici”, certo, Ma… Lo spieghi a Umberto Bossi: se non con il cuore,  bisogna almeno guardarlo dalla parte del portafoglio.

Sergio Talamo

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