Intervista all’ex segretario Pontificio per i migranti. "Passi indietro su asilo e rom"
Roma, 29 settembre 2010 – L’Europa è in affanno nell’accoglienza degli immigrati e anche l’Italia fa passi indietro nella tutela del diritto d’asilo o della libera circolazione dei cittadini comunitari. Un atteggiamento che poco ha a che fare con quell’identità cristiana che il governo dice di voler difendere.
Non fa sconti Monsignor Agostino Marchetto, settant’anni, nove dei quali passati in “prima linea” come segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti. Una sorta di “responsabile immigrazione” del Vaticano che qualche settimana fa, con cinque anni di anticipo rispetto alla fine naturale del suo mandato, ha rassegnato le dimissioni, facendo molto discutere.
Durante il suo mandato, Marchetto ha spesso criticato il governo italiano su questioni come pacchetto sicurezza, respingimenti e ronde, ma non è stato affatto docile neanche con Spagna e Francia per le espulsioni dei rom. Posizioni dalle quali a volte anche la Santa Sede ha preso le distanze, “ma le mie dimissioni con questo non c’entrano niente, dopo tanti anni avevo bisogno di riposare” precisa ai microfoni di Stranieriinitalia.it
L’immigrazione è al centro delle agende politiche di molti Paesi soprattutto europei. E’ un tema che stanno affrontando bene?
“Prima di tutto va detto che l’immigrazione è una realtà strutturale dei nostri giorni. Tutti i paesi ormai sono interessati a questo processo, sia che riguardi i paesi da cui partono gli emigranti sia che risulti essere il paese di arrivo di questi flussi. A causa della crisi economica ora l’Europa, che rappresenta una delle mete, si trova in difficoltà nel garantire il binomio sicurezza-accoglienza.”
Dov’è il problema?
“In questa fase politica è evidente una paura nei cittadini di fronte a questi flussi migratori e c’è chi tenta di giovare di questa situazione di difficoltà. Devo dire che in Italia, dopo le elezioni, questo senso di insicurezza è stato mitigato e la paura è diminuita. In una prospettiva più ampia ed europea credo di poter dire che da questo senso di paura non stia nascendo un sentimento nè xenofobo nè di razzismo ma di una discriminazione. Non mi pronuncio infatti sui sentimenti interiori che motivano tale discriminazione; essi sono interni, in effetti, e quindi
invisibili. Io considero però i fatti.”
Però Italia e Francia hanno intrapreso una politica molto severa e discussa sull’immigrazione, la Germania è scossa dalle dichiarazioni di Sarrazin e in ultimo in Finlandia entrano in parlamento gli xenofobi di Akesson…
“C’è un sentimento di paura e difficoltà nell’accoglienza perché si teme per la propria occupazione, si teme per il proprio posto di lavoro e si teme che la concorrenza straniera possa peggiorare una situazione già resa delicata dalla crisi economica. Ovviamente non possiamo leggere nell’animo delle persone e quindi non possiamo dirlo con sicurezza; quello che possiamo dire è che alcune politiche anti-immigrazione sono molto dure e talune non sono in linea con il rispetto e la dignità della persona umana ed è legittimo farne una critica”.
L’Ue è preoccupata per il tandem Italia-Francia su immigrazione e rom, teme che i gruppi estremisti prendano il sopravvento. È un timore fondato?
“La libertà di movimento delle persone all’interno dei paesi della comunità europea ormai è consolidato. Italia e Francia vorrebbero limitare oltre quanto previsto dalle regole comunitarie, quindi analizzare dopo i primi tre mesi chi ha diritto o meno di restare sul territorio in questione. Allora mi domando: cosa deve essere l’Europa?”
Rimpatriare i cittadini comunitari sarebbe un passo indietro?
“Sì, credo che sarebbe un passo indietro rispetto alla libertà di circolazione che abbiamo guadagnato negli anni. Questa è una iniziativa che scalfisce la crescita europea come comunità. Questo è il risultato di un forte e crescente nazionalismo che sacrifica l’identità di un Europa unitaria. Bisognerebbe invece creare una forte identità comunitaria per il bene comune.”
Tornando a parlare dell’Italia, in materia di lotta all’immigrazione clandestina è stata una stagione molto “calda” per i discussi accordi con la Libia. Come li giudica?
Credo che in materia ci sia già una legislazione internazionale consolidata alla quale ci si dovrebbe attenere. La richiesta di asilo politico è una questione molto delicata. Oggi i flussi sono “misti”, sugli stessi mezzi arrivano persone di nazionalità diverse con tipologie di richieste diverse. Esistono immigrati che fuggono da crisi economiche e chi fugge da persecuzioni. Non si possono semplificare in una unica categoria di “respingimenti per irregolari” perché tra loro c’è di ha assoluto diritto di godere dell’asilo politico. Se ignoriamo la normativa sul diritto internazionale di richiedere asilo politico ora che siamo in un periodo di pace cosa potremmo fare se fossimo in guerra?
In un suo scritto lei ricordava come nella dottrina cristiana e la chiesa stessa contempla la figura dell’immigrato come quella del rifugiato perché lo riconosce nella storia di Cristo.
Esattamente. Giuseppe e Maria erano dei rifugiati, scapparono dalla persecuzione di Erode e fuggirono per salvare Gesù e trovarono accoglienza. Così come oggi dovremmo riservare un trattamento di accoglienza a chi si trova in difficoltà.
Il governo si è più volte espresso a difesa dell’identità cristiana dell’Italia. Il ministro Gelmini, ad esempio, ha proposto la lettura della Bibbia a scuola raccogliendo l’adesione entusiasta del governatore del Veneto Zaia. Ma questo impegno religioso come si sposa con le politiche restrittive sull’immigrazione?
“L’identità di un popolo come quella di una persona è fondamentale nel dialogo con gli altri. Il senso dell’alterità non è a rischio quando si recupera la propria identità storica e culturale. Ma bisogna far chiarezza su cosa intendiamo per identità cristiana! Io lodai l’iniziativa sulla valorizzazione dell’identità cattolica del Veneto ma ora vogliamo vedere come verrà realizzata, come intendono affrontare la questione dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati, tenendo sempre presente il rispetto delle leggi vigenti sul territorio nazionale.
E la linea “cristiana” sull’immigrazione quale sarebbe?
La legge cristiana prevede l’amore di Dio, soprattutto per il prossimo e per chi è in difficoltà. Va resa possibile l’azione di solidarietà e carità cristiana come l’adempimento dei diritti e obblighi che lo stato di diritto prevede. Perché la dottrina sociale non è un optional che si può più o meno adattare alle realtà regionali.”
Durante i suoi nove anni alla Pastorale per i migranti il Vaticano ha preso spesso le distanza dalle sue dichiarazioni, ricordando che non erano posizioni ufficiali della Chiesa. Si è mai sentito solo nella sua battaglia per il rispetto dei diritti degli immigrati?
“Personalmente dico che ognuno deve fare il suo mestiere, che per noi è una vocazione. La Santa Sede è una struttura molto complessa ed è giusto che l’ufficialità delle dichiarazioni provengano solo dalla Segreteria del Vaticano che manifesta più di altri il pensiero del Papa. Io ho avuto il diritto di denunciare e porre l’attenzione su quelle scelte che entravano in contraddizione con la dottrina cristiana e le distanze prese talvolta non sono una sconfessione del mio operato ma frutto della giusta distinzione dei ruoli”.
Marco Iorio
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