Roma – 30 maggio 2012 – “Degli stranieri bisogna parlare diversamente, sono parte di noi, persone che condividono il nostro futuro”.
Lo ha affermato Natale Forlani, direttore generale per l’Immigrazione del ministero del Lavoro, intervenendo, a Roma, al Palazzo dell’Informazione del Gruppo GMC-Adnkronos, all’evento conclusivo del progetto ‘Co.In.-Comunicare l’integrazione’, iniziativa promossa dal ministero del Lavoro, in collaborazione con il ministero dell’Interno,e attuata da Italia Lavoro.
Quello di oggi è stato l’ultimo di una serie di incontri che nel corso degli ultimi mesi hanno fatto tappa a Perugia, Milano, Bologna, Bari e Palermo, per discutere del ruolo dei mezzi di comunicazione nel formare l’opinione pubblica su un tema delicato come l’immigrazione. Lo scorso febbraio è stata anche presentata una “Guida pratica per gli operatori dell’informazione”, mentre ad aprile si è tenuta un Spring School dedicata ai giovani giornalisti.
“Parliamo degli immigrati – ha sottolineato Forlani – come di una realta’ ancora esterna, una dimensione di flussi che devono arrivare in Italia, con tutte le paure che si sono alimentate legate all’insicurezza, alla criminalita’, alla impossibilita’ che viene immaginata dalla nostra comunita’ di accogliere centinaia di migliaia di persone. Invece oggi l’immigrazione e’ una realta’ della nostra societa’: gli immigrati sono parte di noi e sono persone che nel tempo hanno scelto di rimanere in Italia e di investire con la propria famiglia sul loro destino. Sono parte della nostra economia, del nostro sistema culturale,dei nostri servizi, di tutto quello che e’ comunità e parlare bene di questi esempi positivi, che la nostra comunità nazionale e’ stata in grado di dare integrando immigrati, e’ una cosa assolutamente necessaria”.
“L’obiettivo del progetto Co.in. è stato quello di informare meglio l’opinione pubblica sulla realtà dell’immigrazione nel nostro paese, quindi evitare i luoghi comuni, i pregiudizi e tutti quegli atteggiamenti che inevitabilmente si frappongono a un’immediata integrazione degli stranieri nel nostro paese” ha spiegato il prefetto Angelo Malandrino, direttore centrale per le Politiche dell’immigrazione del ministero dell’Interno. “E’ importante .- ha aggiunto – che il lavoro svolto con questo progetto sia poi assistito da ‘buona stampa’, perchè si possa creare un vero incontro tra la nostra società, ospitante, e il mondo degli immigrati. Abbiamo aperto una finestra su un tema che poi forma l’opinione pubblica”.
Secondo Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali, “molti dei problemi dell’integrazione, sono sorti sulla base di un’informazione sbagliata o approssimata, che ha avuto la conseguenza di creare degli stereotipi, di alimentare paure rispetto ai diversi, di attribuire alla figura uniformata dell’immigrato tutte le colpe e le insicurezze. Mentre si e’ trascurato di far vedere la quotidianità delle persone che vivono da noi, che lavorano, hanno famiglia e fanno le cose come le facciamo noi”Quindi ci vuole una formazione specifica proprio perchè mancano informazioni di base su chi sono, da dove vengono, cosa fanno”.
Biçoku: “Un’immagine a 360° per il bene di tutti”
Nel corso di una tavola rotonda, il direttore del Tg3 Bianca Berlinguer, l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito e il direttore del Tempo Mario Sechi si sono confrontati con Keti Biçoku, direttore delle testate per gli albanesi in Italia Bota Shqiptare e Shqiptariiitalise.com, Mario Osorio Beristaine, vice segretario dell’associazione della stampa estera e Maarten van Aalderen, corrispondente del giornale olandese “De Telegraaf”.
“Una riflessione seria sul ruolo che la comunicazione svolge sull’integrazione è importante, e forse arriva in ritardo, per il grande peso che i media hanno sull’opinione pubblica” dice Biçoku.
“Quello che si è fatto fino ad ora – sottolinea la giornalista – non solo non ha aiutato l’integrazione delle persone che scelgono l’Italia per vivere e lavorare, ma ha ostacolato parecchio la tranquilla convivenza. Il parallelismo, facile e a volte comodo tra straniero e criminale, tra albanese e spacciatore, romeno e ladro, non hanno fatto altro che aumentare la paura degli italiani verso l’”altro”, ma anche un certo astio degli stranieri verso l’Italia”.
“La discriminazione e il razzismo dei media – denuncia Biçoku – stanno nel fatto che la stragrande maggioranza delle notizie sui nuovi cittadini di questo paese si trovano nelle pagine della cronaca nera, nel modo in cui si ordinano le notizie di un TG, nelle parole ormai dispregiative (extracomunitario non si dice mai di un americano o di uno svizzero) e generalizzanti (albanesi, romeni, anche quando c’è nome e cognome di chi ha commesso un reato) usate. Ci si dimentica che gli stranieri sono prima di tutto persone e che dare un’immagine a 360 gradi della loro quotidianità è un bene per tutti, italiani e immigrati”.