Roma – 24 ottobre 2011 – Ci sono i community manager e gli application engineers, così come i gestori di crisi e i designer, ma tra le “professioni del terzo millennio” elencate oggi da Affari & Finanza fanno capolino anche i mediatori culturali.
L’inserto economico di Repubblica elenca i lavori figli della globalizzazione “Sul fronte delle grandi aziende, – spiega – una delle figure emergenti è quella del “mediatore culturale”. Con una laurea in lettere e un’ottima conoscenza delle lingue, ha il difficile compito di armonizzare le tante anime presenti all’interno di un’azienda di grandi dimensioni”.
“L’attitudine all’export delle imprese italiane – aggiunge Filippo Abramo, presidente dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale – ha aumentato la richiesta di professionisti dalla mentalità aperta, conoscitori delle lingue ed esperti di pratiche e regolamentazioni commerciali”.
L’impiego in azienda sembra inedito, perché finora i mediatori culturali hanno lavorato soprattutto nella pubblica amministrazione. È infatti facile trovarli in Ospedali, Scuole, Questure, Sportelli Unici per l’Immigrazione, carceri e altri luoghi dove arrivano persone nate ai quattro angoli del mondo ed è indispensabile capirsi al di là delle differenze.
Accennando alla formazione dei mediatori, A&F cita un corso inaugurato nel 2004 dall’Università Statale di Milano e parla di “laurea in lettere e conoscenza delle lingue”. In realtà i corsi sono tantissimi, attivati da università, enti locali e associazioni, ma ognuno è diverso dall’altro, perchè la figura del mediatore culturale non ha ancora un pieno riconoscimento professionale.
Il problema è arrivato in Parlamento, che però sembra non curarsene. Nel febbraio 2009 sia il deputato Aldo di Biagio (allora Pdl, oggi Fli) che il collega Jean Leonard Touadi (Pd) presentarono due proposte di legge per definire a livello nazionale i requisiti dei mediatori e i percorsi di formazione. Assegnate nell’aprile dello stesso anno alla commissione Affari Sociali della Camera, sono rimaste, da allora, in un cassetto.
Elvio Pasca