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Medici stranieri in Italia, la dimostrazione di un’integrazione negata dallo Stato

Roma- 28 dicembre 2020 – “Faccio un appello al presidente Sergio Mattarella affinché in Italia non ci siano più medici di serie A e di serie B solo per una questione di cittadinanza“. Così il medico e presidente dell’Asmi (Associazione medici di origine straniera in Italia) Foad Aodi si è rivolto direttamente al Capo dello Stato. Di fatto, nel nostro paese ci sono 77.500 professionisti costretti a lavorare, al massimo, in cliniche private perché privi della cittadinanza. Di conseguenza, non possono partecipare ai concorsi pubblici per entrare a far parte degli staff ospedalieri. Durante l’emergenza, una deroga ha permesso anche a loro di presentarsi, lasciando alle Regioni la possibilità di assumere i medici e gli infermieri stranieri con permesso di soggiorno di lunga durata in Italia. La situazione, però, non è cambiata molto, e soprattutto rimane una parentesi.

Medici stranieri in Italia, l’appello al Capo dello Stato

Foad Aodi, fiasiatra di origine palestinese arrivato in Italia negli anni ’80, è stato tra i primi stranieri a essere eletto al Direttivo dell’Ordine dei Medici di Roma per tre mandati consecutivi. Presidente dell’Asmi, una delle principali battaglie che sta portando avanti è quella di riuscire a far cambiare la norma per cui a un operatore sanitario che non ha la cittadinanza italiana non è permesso partecipare ai concorsi per lavorare nella sanità pubblica. Questo tema, in Italia, è emerso in particolare modo durante la pandemia. In Italia, infatti, c’è la necessità di inserire nel sistema sanitario pubblico anche i medici e gli infermieri stranieri. Operatori che hanno dato il loro contributo durante l’emergenza, ma non sono mai stati considerati parte del sistema.

Una norma molto recente ha dato la possibilità alle Regioni, per un periodo determinato, di permettere anche ai medici e agli infermieri stranieri residenti in Italia di partecipare ai concorsi pubblici. Questa, però, non è una soluzione, ma semplicemente una pezza. In Francia, al contrario, il Presidente Macron ha scelto di dare la cittadinanza onoraria ad alcuni medici molto impegnati contro il coronavirus. Questo dimostra un modo di affrontare non solo l’immigrazione, ma soprattutto l’integrazione totalmente differente, e molto più funzionale. In Italia, di fatto, non si dà il giusto valore agli immigrati. E manca un reale riconoscimento dell’importanza delle politiche di integrazione e di pacifica convivenza che esse producono.

Un’integrazione negata dallo Stato

Non è chiaro perchè dei professionisti che hanno studiato in Italia, medici, infermieri stranieri e non solo, non debbano avere le stesse opportunità di lavoro degli altri cittadini che, in più, hanno solamente la cittadinanza italiana. Teoricamente, infatti, dovrebbero valere i titoli, le competenze, l’esperienza, non la provenienza. Quello che succede, invece, è che nonostante un permesso di soggiorno di lunga durata, questi operatori non possono presentarsi ai concorsi pubblici. Di conseguenza, possono lavorare solamente nella sanità privata. Qui nasce il paradosso dell’integrazione negata. Come riporta Huffington Post, in Italia un immigrato pur con lunga residenza, con titoli di studio e comprovata professionale può svolgere lavori solo nel settore dell’industria, del manifatturiero. Oppure nell’edilizia, nelle famiglie, nell’agricoltura oppure in settori di insegnamento e sanitario purché privati.

Questo significa che nella pubblica amministrazione non vengono considerati i titoli, ma semplicemente la cittadinanza italiana. Se non la si ha, bisogna rimanerne fuori. E in un periodo di emergenza sanitaria, è assurdo pensare che tanti medici e infermieri, in Italia, vengano tagliati fuori solamente perchè stranieri. E’ ora di cambiare la legge a riguardo. Di prevedere che i professionisti di origine straniera con permesso di soggiorno di lunga residenza e con titoli di studio e di tirocinio adeguati possano finalmente partecipare ai concorsi pubblici, al pari degli altri cittadini italiani.

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