Roma, 3 gennaio 2024 – Il 2023 è stato un anno cruciale per la politica migratoria italiana. E i risultati non fanno che confermare un quadro di inefficacia e contraddizioni. Con 157.652 sbarchi registrati, il numero più alto dal 2016, è difficile non considerare il fallimento delle strategie del governo Meloni nel gestire gli arrivi dei migranti. A questo, poi, si aggiungono i pochissimi rimpatri e il malfunzionamento dei Cpr.
Migranti e il fallimento delle politiche di governo
Una delle criticità principali è emersa dagli accordi con alcuni Paesi. Accordi che sembrano violare i diritti umani, trasformando le operazioni di soccorso in respingimenti mascherati. Questa pratica è in netto contrasto con le convenzioni europee, e ha portato a numerose condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per trattamenti inumani e detenzioni illegali. Comprese quelle nei confronti di minori.
Rispetto alla strategia del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di ampliare i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), l’obiettivo di raggiungere 4.000 posti è rimasto irraggiunto. La promessa di aprire dieci nuovi centri, uno per regione, è svanita nel nulla. E con essa i 5,4 milioni di euro stanziati per la loro realizzazione sono rimasti inutilizzati. Ora il governo prevede di investire 32 milioni di euro nel 2024 per la gestione di quelli già esistenti, ma la decisione suscita non poche preoccupazioni sulle condizioni in cui vengono detenuti i migranti.
La questione dei rimpatri, poi, non è meno problematica. Dei 157.000 sbarchi nel 2023, solo circa 4.000 migranti sono stati effettivamente rimandati a casa. Nonostante il ministro Piantedosi vantasse un aumento del 15% rispetto al 2022, solo la metà di coloro che vengono detenuti nei Cpr alla fine viene rimpatriata. E questo evidenzia una mancanza di efficacia nelle procedure. Per quanto riguarda la cauzione di 5.000 euro prevista per i migranti provenienti da Paesi considerati sicuri, invece, si può dire sia rimasta lettera morta, a causa delle bocciature giudiziarie e dell’attesa di una decisione della Cassazione. Nel frattempo, il governo sembra contare sulla clemenza dei giudici albanesi per accelerare gli accordi Italia-Albania, una strategia incerta e rischiosa.
La collaborazione con i Paesi di origine e transito, tanto sbandierata dal governo, poi, ha prodotto risultati nulli. Nonostante la necessità di stringere patti con nazioni chiave come Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh, dai quali proviene circa un terzo di tutti i migranti sbarcati nel 2023, il governo sembra incapace di concretizzare azioni efficaci. Perciò, in conclusione, pare che il governo Meloni abbia dimostrato un’assoluta incapacità di gestire la complessità della questione migratoria. Con un mix di fallimenti, contraddizioni e una mancanza di chiara programmazione che ha portato a una situazione critica. E, di fatto, ha messo a rischio sia i diritti umani che la reputazione internazionale dell’Italia.
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