Roma, 10 gennaio 2024 – Il protocollo tra Italia e Albania ha da subito diviso la comunità accademica e gli esperti, creando un complesso dibattito rispetto ai diritti dei migranti coinvolti. Il progetto, infatti, prevede il trasferimento di parte dei naufraghi in territorio albanese. E questo solleva diversi dubbi su questioni legate alla legittimità giuridica e alla tutela dei diritti fondamentali.
Migranti, dubbi sull’accordo Italia-Albania
Davanti alla Commissione Affari Costituzionali alla Camera, dove si sta discutendo il disegno di legge di ratifica del protocollo, i pareri espressi sono stati contrastanti. Il costituzionalista Alfonso Celotto, per esempio, ha evidenziato il rischio di discriminazioni tra i migranti destinati all’Albania e quelli sbarcati in Italia. La professoressa di Diritto europeo Chiara Favilli, invece, ha sottolineato le difficoltà nel garantire gli stessi standard di diritti in uno Stato straniero, mentre il giurista Mario Savino ha difeso la giurisdizione italiana sui centri in Albania.
Il confronto si è ampliato alla valutazione delle implicazioni europee. Stefano Manservisi ha criticato il sistema “barocco” italiano, mentre Salvatore Currieri ha definito il protocollo un modello di esternalizzazione dei flussi migratori, con il rischio di respingimenti collettivi. Mario Esposito, a sua volta, ha ribattuto sostenendo che i migranti in Albania non vengono allontanati dal territorio italiano, e la normativa italiana sarà applicata nei centri. Per questo non è nemmeno da mettere in dubbio la tutela dei diritti. Come ha contestato Stefano Manservisi, però, la normativa europea si applica in Paesi Ue, non nei Paesi terzi.
Lo studioso, inoltre, ha definito l’accordo un “sistema barocco”, che applicherà un doppio canale e utilizzerà presupposti giuridici diversi a seconda che i migranti vengano sbarcati in Italia o in Albania. Stando a quanto dichiarato da Manservisi, poi, con questo metodo il governo Meloni toglie una parte del sistema di gestione dei flussi alsupporto europeo.
Le critiche degli esperti
Di conseguenza, ci si pone in contraddizione con l’idea che l’immigrazione sia una questione da affrontare a livello comunitario. E questo porterà anche una serie di effetti secondari, come criticità sui tempi e modalità di esame delle procedure e di detenzione. Ma anche incertezza sullo status da applicare agli stranieri ed espulsioni più complicate. “È un mistero quale sia il valore aggiunto di un provvedimento che rischia di isolare ancora di più l’Italia dall’Europa sul tema immigrazione?”, si chiede infatti lo studioso. Sullo stesso binario si pone anche Paolo Bonetti dichiarando l’illegittimità del protocollo, e citando la legge europea che impedisce di esaminare le richieste di asilo in un territorio diverso da quello di presentazione.
Anche Lea Ypi, studiosa di origine albanese e professoressa di teoria politica alla London School of Economics, ha sollevato quattro punti critici. Non è d’accordo, infatti, con l’approccio bilaterale al problema dell’immigrazione. A parere suo, poi, si alimenta il rischio di ritorno in Italia attraverso la tratta di migranti. Infine, ha evidenziato anche la possibilità di ritardi e complicazioni burocratiche, sollevando dubbi sull’efficacia e i costi del progetto. A riguardo, invece, non sembra essere d’accordo Michela Mercuri, professoressa di cultura, storia e società dei Paesi mussulmani all’Università di Padova, la quale sostiene che il progetto potrebbe raggiungere due risultati. Uno sarebbe quello di disincentivare l’immigrazione illegale, l’altro proporre un modello da replicare in altri Paesi come Tunisia e Libia. Luoghi dove, grazie alla gestione dei centri da parte italiana, secondo lei si riuscirebbe a monitorare il rispetto dei diritti umani.
Il protocollo Italia-Albania sui migranti, quindi, continua a essere oggetto di intensa discussione, evidenziando le complessità e le divergenze di opinioni su questo delicato tema.
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