Roma, 10 dicembre 2024 – L’Italia si prepara ad affrontare una sfida imponente con l’entrata in vigore del nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Aumentare la capacità delle strutture di detenzione, migliorare le procedure di screening e sostenere i costi esorbitanti legati al trattenimento e ai rimpatri dei migranti: sono queste alcune delle richieste avanzate dall’Unione Europea. Tuttavia, secondo un rapporto del Tavolo asilo e immigrazione, i costi economici e umani di questa politica rischiano di essere insostenibili e di aggravare una situazione già critica.
Migranti e Cpr: un sistema inefficace e disumano
Attualmente, l’Italia dispone di otto Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) operativi, con una capacità totale di 2.938 posti. Questi numeri, però, sono ben lontani dai 32mila posti richiesti entro il 2026 dal nuovo regolamento europeo. Per adeguarsi, il Paese dovrà investire milioni di euro, con stime che prevedono una spesa di 282 milioni all’anno solo per il trattenimento dei migranti. I centri esistenti, secondo il rapporto, rappresentano “luoghi di orrore e privazione dei diritti”. Tra le principali criticità denunciate ci sono l’assistenza sanitaria precaria e abuso di psicofarmaci, il supporto psicologico e sociale insufficiente, con medie di soli 13 minuti settimanali di consulenza psicologica. Poi ancora numerosi episodi di autolesionismo e tentativi di suicidio, sovraffollamento e condizioni igieniche inadeguate e gestione da parte di enti privati for profit, spesso coinvolti in inchieste giudiziarie.
Nonostante gli ingenti investimenti, l’efficacia dei Cpr nel garantire i rimpatri è marginale: meno dello 0,1% degli irregolari viene effettivamente espulso. Questa inefficienza alimenta le critiche di chi considera i centri di detenzione amministrativa un “dispendio ingiustificato di risorse pubbliche”. Secondo Filippo Miraglia, coordinatore del Tavolo asilo e responsabile migrazione dell’Arci, “ciò che connota i Cpr non è solo l’inefficienza, ma una vera e propria aberrazione strutturale che comprime le libertà fondamentali senza raggiungere gli obiettivi dichiarati”. Di fronte a questo scenario, il rapporto chiede con forza un’inversione di rotta. La chiusura dei Cpr e l’abolizione della detenzione amministrativa degli stranieri sono considerate priorità per un sistema di accoglienza più umano ed efficace. “L’Unione europea ha deciso di puntare sulla detenzione, ma proprio per questo motivo l’Italia, capofila di questo processo, ha il dovere morale e politico di intraprendere una strada diversa”. Il futuro delle politiche migratorie italiane ed europee, quindi, resta incerto, ma una cosa è chiara: il dibattito su costi, diritti umani e sostenibilità non può più essere ignorato.
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