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Migranti, Cei: “La chiusura è inefficace e non dignitosa”

Roma, 16 novembre 2022 – “Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza? Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti ‘conflitti dimenticati’, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce?”. Il messaggio dei vescovi italiani per la 45esima Giornata Nazionale per la Vita, che si terrà il prossimo 5 febbraio, è un susseguirsi di domande. Le stesse domande che, in particolare in questi giorni, dopo le contestabili scelte del governo Meloni, molti si stanno ponendo.

Migranti, Cei: “Siamo sicuri che l’indifferenza sia la strategia più efficace?”

“Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale e sociale che cresce in molti Paesi. E che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di ogni vita. Anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile in ogni sua fase.

Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire? Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita? Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che ‘la vita è mia e ne faccio quello che voglio?'”, sottolineano i vescovi.

Secondo il messaggio, serve “dare non la morte ma la vita. Generare e servire sempre la vita” sulla base dellinsegnamento della fede, ma anche della “retta ragione”. La stessa che “ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza. Della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri”. E “ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti. Di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza”.

Migranti, Cei: “Si sta diffondendo una cultura della morte”

I vescovi italiani, poi, criticano duramente “il diffondersi di una cultura della morte. In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una ‘soluzione’ drammatica: dare la morte. Certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto. Ciò, tuttavia non elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale ‘soluzione’ è possibile riconoscere importanti interessi economici. Ma anche ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”, si legge nel messaggio con un chiaro riferimento ai migranti.

“Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… La soluzione è spesso l’aborto. Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… La via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel suicidio assistito. Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… A volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava. O si credeva di amare. Sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche”, denunciano i presuli italiani.

“Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… Si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita. Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… Si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta. Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… I potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra. Scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi. Così, poco a poco, la ‘cultura di morte’ si diffonde e ci contagia”.

Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita‘, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse”, conclude il messaggio.

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