Kounti Abderrahmane, referente della comunità islamica di Treviso, lancia l’appello: “È giunto il momento di iniziare a pensare a una moschea anche per Treviso”. Insieme alla mezza apertura del sindaco, arriva anche il secco rifiuto del governatore del Veneto
Roma, 30 luglio 2014 – In occasione della festa di fine Ramadan, più di 350 fedeli musulmani di Treviso si sono radunati lunedì a pregare presso la sede delle suore maestre Santa Dorotea in via De Coubertin e – come riporta “la Tribuna”, Kounti Abderrahmane, il referente della comunità islamica della città, ha lanciato l’appello di “pensare a una moschea anche per Treviso. Un luogo di culto rispettoso e ufficialmente riconosciuto. Questo sarebbe un segno di coraggio e di capacità di accogliere da parte della città. Spero che, con il sindaco Giovanni Manildo, sia la volta buona”.
Al momento, in Italia, le moschee ufficiali sono soltanto tre e si trovano a Roma, Milano Segrate e Colle Val d'Elsa. Sulla possibilità che diventino quattro, e che la prossima moschea possa essere costruita a Treviso, Abderrahmane sembra ci creda veramente: “Ormai molti musulmani abitano in Italia e tornano nel loro paese d'origine da turisti. Qui abbiamo creato le nostre famiglie e abbiamo contribuito col nostro lavoro alla crescita di questa realtà. Penso che avere una moschea in cui pregare sia il giusto riconoscimento per la nostra gente. Speriamo che col sindaco si possa dialogare insieme”. In più, sottolinea che la maggiore apertura verso le altre religioni sia a favore di una migliore convivenza nella città: “In Marocco, oltre alle moschee ci sono molte chiese e sinagoghe. La compresenza non sminuisce le religioni anzi, le rafforza”.
Dal sindaco PD, Giovanni Manildo, arriva una mezza apertura: “Non ci sono no pregiudiziali, siamo sempre aperti al confronto. Le emergenze però in questo momento sono altre”.
Secco il “no” del governatore leghista del Veneto, Luca Zaia: “Dico no alla Moschea fino a che non sarà affermato aldilà di ogni ragionevole dubbio il criterio della reciprocità, il che significa poter aprire una Chiesa cattolica in Sudan”.