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Mutilazioni genitali: quando mamma e papà dicono “no”

Le MGF fanno vittime anche in Italia, tra le bambine immigrate. Il progetto Aurora sensibilizza i genitori a non condannare le figlie

Roma – 9 ottobre 2009 – Escissioni, infibulazioni, abrasioni, clitoridectomie. L’Oms calcola che oltre 100milioni di donne al mondo hanno subito mutilazioni genitali, una pratica diffusa soprattutto nell’Africa sub sahariana che però sta percorrendo anche le strade dell’emigrazione.

Secondo le stime del ministero della salute, in Italia le bambine e le donne mutilate o a rischio sono circa 90mila, per lo più egiziane e senegalesi. Una stima fatta considerando l’incidenza delle MGF nei Paesi di provenienza, che però va presa con cautela.

“Molte delle donne che vivono in Italia sanno che queste sono pratiche nocive e anche illegali. È un tema che in Africa si affronta da decenni e con l’emigrazione si vuole migliorare, per le donne vuol dire emanciparsi, mandare le figlie a scuole, non realizzarsi più solo nel matrimonio” dice Saida Ahmed Ali, responsabile del “Progetto Aurora MGF io no”.

L’Italia ha una legislazione severa contro le mutilazioni genitali: chi le pratica, anche all’estero, rischia 12 anni di carcere, e la pena aumenta di un terzo quando la vittima è una minore. La repressione però non basta, la salute delle donne può essere difesa solo combattendo sul fronte della prevenzione.

Il progetto Aurora, creato dall’associazione Almaterra e finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità, organizza incontri di informazione e sensibilizzazione sulle mutilazioni genitali. Vi partecipano operatori sanitari, donne e uomini africani, personaggi di rilievo della comunità: opinion leader capaci di spezzare questa tradizione culturale.

“Il rischio, per le immigrate,  non è legato a presenza qui, ma ai rapporti con le famiglie di origine. Si confrontano con l’autorevolezza delle anziane, preoccupate di tramandare la loro cultura anche per quanto riguarda le mutilazioni genitali” spiega  Ahmed Ali. Ecco allora le necessità di lanciare loro un messaggio efficace e persuasivo, ma non aggressivo.

Agli incontri e alle  brochure informative si affianca una campagna di comunicazione. Con lo spettacolo teatrale "Chi è l’ultima?", che fa riflettere sui condizionamenti che subisce il corpo femminile, in Africa ma anche in occidente. E con uno spot dove due genitori sono fieri della loro scelta: "Non condannerò mia figlia".

Non è un caso che nello spot a parlare sia soprattutto il papà. "Noi ci rivolgiamo finalmente anche agli uomini, che qui hanno un ruolo diverso che in Africa, dove le MGF sembrano riguardare solo le donne. Dopo i nostri incontri – racconta Ahmed Ali – tanti uomini dicono ‘non sapevo’, e poi diventano i primi a dire no".

Lo spot
http://www.youtube.com/watch?v=D55NY9FimVI&feature=related

"Chi è l’ultima?"
http://www.youtube.com/watch?v=NkMIDfFUKQw

EP

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