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Negli asili di Milano anche i bimbi “senza permesso”

Il ministero dell’Istruzione diffida il Comune: “Le iscrizioni non possono tenere conto della situazione dei genitori”. Fioroni: “Diritto all’istruzione è inviolabile”

Roma – 9 gennaio 2008 – I bambini extracomunitari devono essere iscritti all’asilo indipendentemente dal permesso di soggiorno dei loro genitori. Il Comune di Milano dovrà adeguarsi, se non vuole perdere i contributi dello Stato.

Il ministero dell’Istruzione interviene contro l’amministrazione meneghina che ha vietato l’iscrizione dei bimbi immigrati alle scuole dell’infanzia se loro famiglie non saranno in grado di esibire un permesso valido entro la fine di febbraio. Una restrizione che ha sollevato anche le proteste dell’Unicef, perché violerebbe la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia.

Oggi è arrivata la contromossa del direttore scolastico regionale per la Lombardia Anna Maria Dominici, che  d’intesa con il ministro Giuseppe Fioroni, “ha diffidato il Comune di Milano al ripristino, entro 10 giorni, del rispetto delle norme relative all’iscrizione alle scuole dell’infanzia dei bambini extracomunitari privi di permesso di soggiorno” come si legge in una nota diffusa stamattina da viale Trastevere.  La diffida impegna inoltre il Comune a “garantire il diritto all’iscrizione a tutti i bambini in qualsiasi condizione si trovino, compresa la situazione di morosità delle famiglie per i pagamenti scolastici”.

Gli asili sono scuole non statali paritarie gestite dal Comune, ma questo è tenuto a rispettare le regole del  Sistema Nazionale di Istruzione, comprese quelle relative alle iscrizioni. La diffida prevede quindi che se il Comune non rimuoverà le restrizioni entro dieci giorni, “l’Ufficio scolastico regionale sospenderà la parità concessa e l’erogazione di ogni contributo statale”.

“Il diritto all’istruzione – commenta Fioroni – è uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Impedirne la fruizione significa ledere la dignità della persona umana. Non possono esistere deroghe a questa fruizione né per le colpe dei padri né per lo stato di povertà”.

Secondo il ministro “l’intero assetto legislativo, fino ad oggi e a prescindere dai colori politici dei governi, non ha mai messo in discussione il fatto che un bambino che vive sul nostro territorio abbia diritto ad essere istruito e curato e questo indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche della famiglia”.

 

EP 

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