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Nevtej, l’indiano bruciato, avrà il permesso

La Questura: "È stato concesso perchè vittima di un’aggressione feroce". L’uomo non cerca vendetta e ringrazia chi l’ha aiutato

Roma – 23 aprile 2009 – Navtej Singh, l’indiano al quale tre ragazzini diedero fuoco a Nettuno, avrà il permesso di soggiorno. Sembrerebbe una magra consolazione per un uomo che ha ancora gambe e piedi senza pelle, che attende un terzo intervento chirurgico e si muove a stenti. Ma è il minimo che le autorità potevano fare: concedergli un permesso di soggiorno per motivi umanitari, perché "vittima di un reato feroce", come ha detto Maurizio Improta, capo dell’ufficio immigrazione della Questura di Roma.

Lo racconta oggi il Messaggero, che ha intervistato Navtej. L’uomo si dice davvero amareggiato per l’accaduto, ma non cerca vendetta. "Non so se camminerò come prima. Ho fatto il contadino, il muratore. E adesso?Potrò ancora arrampicarmi su una scala, fare chilometri in bicicletta, sollevare pesi? Quei ragazzi mi hanno fatto tanto male, e io non riesco a pensare come loro, ad essere cattivo come loro".

E non solo, Navtej vuole prima di tutto ringraziare chi l’ha aiutato in questo periodo della sua vita. Oltre al sostegno morale di tanti, alla solidarietà e alle lettere, Singh ha ricevuto anche un aiuto economico dal Comune e dai cittadini di Nettuno, che hanno fatto una colletta.

La storia di Navtej rappresenta quelle di tante vite. Quelle degli immigrati che cercano di guadagnarsi onestamente il diritto di vivere in Italia. Perso il lavoro la strada per la clandestinità è breve. Dopo poco si perde il permesso di restare, arriva il decreto di espulsione e rientrare nei binari diventa faticoso, a volte impossibile. Infine, non di rado si entra nel mirino dell’intolleranza che non vuol vedere con occhi obbiettivi, non vuol sapere del passato.

E solo i casi gravi come quello di Nevtej portano alla luce una realtà agghiacciante. Alla quale molto spesso si cerca di dare rimedio arrampicandosi sugli specchi.

Antonia Ilinova

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