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Consiglio Stato 17mar2009 Riconoscimento asilo in presenza circostanze pericolose incolumità persona

Consiglio di Stato – VI Sezione  – Sentenza n. 1402 del 17 marzo 2009 Riconoscimento asilo politico in presenza di circostanze pericolose per incolumità persona
Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR con la quale è stato accolto il ricorso avverso il provvedimento della Commissione centrale di diniego di riconoscimento dello status di rifugiato politico, diniego fondato sulla circostanza che la renitenza alla leva non costituisce presupposto per il riconoscimento del predetto status. La Commissione, ha adottato tale provvedimento senza considerare che l’interessato aveva rappresentato il proprio timore di subire persecuzioni in caso di prestazione del servizio militare, ad opera di oppositori del regime politico algerino.
Il Collegio, nel caso di specie, afferma che "il concreto riconoscimento del predetto status è stato ritenuto connesso non, in via generale ed esclusiva, alla realtà politico-economica del Paese di origine del soggetto richiedente, ma alla situazione oggettiva rilevabile nel Paese stesso, in ordine alla sussistenza di circostanze, atte a determinare pericoli per l’incolumità della persona interessata (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. IV, 10.3.1998, n. 405 e 12.1.1999, n. 11; Cass. civ., sez. I, 20.12.2007, n. 26822; TAR Lazio, Roma, sez. I, 2.2.2007, n. 781).  Appariva corrispondente a fatto notorio la sussistenza nel Paese di appartenenza dell’appellante di conflitti interni, legati a motivi etnici e religiosi, che avrebbero dovuto suggerire un doveroso approfondimento della situazione di pericolo, denunciata dal soggetto interessato.
Il diniego di riconoscimento di cui si discute, quindi, non si sottrae alle censure di eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà, perplessità e travisamento, accolte nella sentenza appellata, avendo l’istante segnalato di “provenire da una città dell’Algeria particolarmente interessata, negli ultimi anni, da attività criminali terroristiche”, nonché “di essere stato oggetto di gravi minacce da parte di integralisti, che intendevano dissuaderlo dall’ottemperare agli obblighi di leva, nella forma del servizio sostitutivo civile”, senza che ciò implichi una valutazione di deficit democratico. Pertanto, anche la sussistenza di gravi e conosciuti conflitti interni (non necessariamente implicanti vera e propria guerra civile) possono costituire presupposto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, quando la situazione socio-politica del Paese pur a regime democratico, renda plausibile il rappresentato pericolo per l’incolumità del singolo cittadino.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1402/2009
Reg.Dec.
N. 571 Reg.Ric.
ANNO   2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.571/04, proposto dal Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;      
contro
il signor BOUKHALFA MOHAMED, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I ter, n. 5673/03 del 26.6.2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 9 gennaio 2009 relatore il Consigliere Gabriella De Michele;
Udito l’avv. dello Stato Guizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O   E   D I R I T T O
Con atto di appello notificato in data 8.1.2004, il Ministero dell’Interno contestava la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I ter, n. 5673/03 del 26.6.2003, con la quale si accoglieva il ricorso proposto dal signor Boukhalfa Mohamed (attuale parte appellata) avverso il provvedimento della Commissione centrale del 18.11.1997, di diniego di riconoscimento dello status di rifugiato politico.
Nella citata sentenza si ravvisava la sussistenza di giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata la causa introdotta prima dell’entrata in vigore della legge 6.3.1998, n. 40 e, nel merito, si ritenevano fondate le censure di eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità e travisamento, essendo stato affermato dalla predetta Commissione che la renitenza alla leva non costituisce presupposto per il riconoscimento dello status di rifugiato: quanto sopra senza considerare che, nel caso di specie, l’interessato aveva rappresentato il proprio timore di subire persecuzioni in caso di prestazione del servizio militare, ad opera di oppositori del regime politico algerino.
In sede di appello veniva sottolineato viceversa – previa generica contestazione della giurisdizione del giudice amministrativo –  come il provvedimento impugnato fosse stato preceduto da adeguata istruttoria e risultasse motivato in modo, benché sintetico, comunque sufficiente, logico e congruo, avendo l’interessato rappresentato in modo contraddittorio il proprio rifiuto a prestare servizio militare nel Paese d’origine (per timore di ritorsioni, ma anche per completare gli studi) ed essendo comunque evidente l’insussistenza di un rischio di persecuzione nel Paese stesso “per motivi di razza, religione, nazionalità o appartenenza ad un determinato gruppo sociale” (come previsto dall’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951), sussistendo piuttosto un rischio di applicazione delle pene previste per renitenza alla leva, mentre la situazione di pericolo – cui l’interessato faceva risalire la propria sottrazione al servizio militare – sarebbe stata riconducibile non ad un atteggiamento persecutorio del Governo algerino, ma a minacce provenienti da ambienti estranei ed ostili al Governo stesso, con conseguente irrilevanza ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato.
La parte appellata non si è costituita in giudizio.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che le argomentazioni dell’Amministrazione appellante non siano condivisibili, sia per quanto riguarda la cognizione del giudice amministrativo sulla controversia di cui trattasi, sia in relazione alla sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti individuati dalla giurisprudenza per il riconoscimento dello status di rifugiato politico.
Sotto il primo profilo, si deve ricordare che la giurisdizione e la competenza “si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda”, senza che abbiano rilevanza “i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo” (art. 5 cod. proc civ.); nella situazione in esame, deve essere valutata la legittimità di un provvedimento di diniego dello status in questione, emesso il 18.11.1997, in vigenza dell’art. 5, comma 2 del D.L.30.12.1989, n. 416, convertito in legge 28.2.1990, n. 39 ed abrogato dall’art. 46, comma 1, lett. e) della legge 6.3.1998, n. 40 (Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Dopo l’intervenuta abrogazione, nonostante qualche oscillazione della giurisprudenza (Cons. St., sez. IV, 15.12.2000, n. 6710 e 27.5.2002, n. 2937), appare prevalente la tesi della sussistenza di giurisdizione del giudice ordinario, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, quale figura giuridica riconducibile – al pari di quella dei richiedenti asilo – a diritti soggettivi, anche con riferimento ad atti meramente conseguenti, quali eventuali dinieghi del permesso di soggiorno (Cons. St., sez. VI, 22.6.2007, n. 3474, 5.12.2007, n. 6196 e 19.5.2008, n. 2274; e con la sola eccezione degli atti discrezionali, relativi ad istanze di permanenza sul  territorio nazionale, nelle more della decisione del giudice ordinario sulla concessione dello status di cui trattasi (Cass., SS.UU., 27.2.2008, n. 5089); per gli atti ricognitivi dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, antecedenti (come quello attualmente in esame) alla data di entrata in vigore della citata legge n. 40/1998, invece, risulta pacifica la giurisdizione del giudice amministrativo, espressamente prevista dal ricordato art. 5, comma 2 D.L. n. 416/1989 (cfr. in tal senso, per il principio, Cass. SS.UU. 26.5.1997, n. 4674).
 Il concreto riconoscimento del predetto status, poi, è stato ritenuto connesso non, in via generale ed esclusiva, alla realtà politico-economica del Paese di origine del soggetto richiedente, ma alla situazione oggettiva rilevabile nel Paese stesso, in ordine alla sussistenza di circostanze, atte a determinare pericoli per l’incolumità della persona interessata (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. IV, 10.3.1998, n. 405 e 12.1.1999, n. 11; Cass. civ., sez. I, 20.12.2007, n. 26822; TAR Lazio, Roma, sez. I, 2.2.2007, n. 781).
Ove pertanto, come segnalato nel caso di specie, all’assolvimento degli obblighi di leva potesse corrispondere un rischio, per minacce riconducibili a gruppi di opposizione interna al regime politico algerino, la circostanza non avrebbe potuto essere ignorata senza alcun approfondimento in ordine alla situazione interna del Paese in questione, né il rischio stesso avrebbe potuto essere escluso in base al mero assunto, nel caso di specie evidenziato, dell’assenza di intenti persecutori da parte del Governo, in rapporto alla legittima applicazione delle misure repressive, previste per la renitenza al servizio militare.
Appariva, viceversa, corrispondente a fatto notorio – nella accezione di cui all’art. 115 cod. proc. civ. – la sussistenza nel Paese di appartenenza dell’appellante di conflitti interni, legati a motivi etnici e religiosi, che avrebbero dovuto suggerire un doveroso approfondimento della situazione di pericolo, denunciata dal soggetto interessato.
Il diniego di riconoscimento di cui si discute, pertanto, non si sottrae alle censure di eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà, perplessità e travisamento, accolte nella sentenza appellata, avendo l’istante segnalato di “provenire da una città dell’Algeria particolarmente interessata, negli ultimi anni, da attività criminali terroristiche”, nonché “di essere stato oggetto di gravi minacce da parte di integralisti, che intendevano dissuaderlo dall’ottemperare agli obblighi di leva, nella forma del servizio sostitutivo civile”, senza che ciò implichi una valutazione di deficit democratico.
Appare singolare, del resto, che l’Amministrazione non disconosca le circostanze sopra indicate, ma sembri ritenerle irrilevanti, solo perché non riconducibili a persecuzione posta in essere dal Governo, mentre appare evidente – nei termini già in precedenza ricordati – che anche la sussistenza di gravi e conosciuti conflitti interni (non necessariamente implicanti vera e propria guerra civile) possono costituire presupposto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, quando la situazione socio-politica del Paese pur a regime democratico, renda plausibile il rappresentato pericolo per l’incolumità del singolo cittadino. Del tutto irrilevante, infine, appare la circostanza della avvenuta segnalazione, da parte del soggetto interessato, di ragioni di studio quale ulteriore causa di non effettuazione del servizio di cui trattasi: tali ragioni –  evidentemente addotte a scopo rafforzativo della richiesta di soggiorno – erano infatti senz’altro ininfluenti per concorrere all’individuazione dei presupposti sopra analizzati, ma non potevano nemmeno sottrarre a questi ultimi a quell’oggettivo riscontro che, nei modi già in precedenza illustrati, avrebbe dovuto essere effettuato, con adeguato approfondimento delle circostanze segnalate.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; quanto alle spese giudiziali, alla mancata costituzione dell’appellato consegue che nessun provvedimento debba essere adottato per questo grado di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo  Presidente
Paolo Buonvino  Consigliere
Aldo Fera   Consigliere
Domenico Cafini  Consigliere
Gabriella De Michele  Consigliere est.

Presidente
Giuseppe Barbagallo
Consigliere       Segretario

Gabriella De Michele     Andrea Sabatini

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il…10/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva

CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa

al Ministero………………………………………………………………………………….

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

      Il Direttore della Segreteria

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