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OLANDA: MUSULMANE FONDANO ‘BRIGATA’ PER DIFESA VELO SUL POSTO DI LAVORO =

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      Bruxelles, 27 mar. (Adnkronos/Aki) – Difendere il diritto di
portare il velo islamico sul posto di lavoro, lottando contro quello
che considerano una discriminazione verso le musulmane. E’ l’obiettivo
della ‘Brigata delle musulmane olandesi per il velo’,
un’organizzazione (del tutto pacifica, nonostante il nome
all’apparenza minaccioso) lanciata da tre donne olandesi di origine
marocchina. "Non vogliamo minacciare i datori di lavori – spiega una
delle tre fondatrici, Nora el-Jebli, 31 anni, ragionieara presso la
societa’ americana Toolsgroup – ma far capire che esistiamo anche noi,
e di qui avviare il dialogo". La nascita dell’organizzazione e’ stato
annunciata a meta’ febbraio nel corso di una conferenza presso la
Grande Moschea di Amsterdam.

      "Siamo contro l’oppressione della donna – si legge nel sito
dell’organizzazione – e per pari diritti per le donne e per tutti gli
esseri umani, a prescindere dalla fede, dal sesso, dalla razza, dal
reddito etc. Molte di noi portano il velo per esprimere la propria
fede e la propria identita’ musulmana, per libera scelta e non perche’
ce lo chiedano i nostri padri o marini". Il fatto e’, si legge ancora
nel sito, che "la discriminazione nel mercato del lavoro al momento e’
forse il maggior ostacolo per il nostro processo di emancipazione. Se
volete che noi ci ‘integriamo’ (ancora di piu’), dovete darcene la
possibilita’".

      Un esempio concreto e’ el-Jebli, che ha deciso di mettersi
l’hijab (il velo che copre solo i capelli) nel 2004. "E’ stata una
decisione personale – spiega – presa dopo due incidenti d’auto". La
donna, a dire il vero, personalmente non ha avuto particolari
problemi, alla societa’ Usa che l’ha assunta, racconta, "ho dovuto
semplicemente spiegare che cos’e’ questo velo e che cosa rappresenta
di’per me". Ma sono moltissimi i casi in cui le donne con l’hijab ai
colloqui di lvoro si sentono dire che "il velo non risponde alla
cultura dell’azienda".

"Non vogliamo apparire patetiche – prosegue el
Jebli – ma le donne con il velo non devono accettare un trattamento
diseguale. La discriminazione c’e’, soprattutto alle posizioni piu’
elevate". In effetti per lo piu’ soltanto per posti di lavoro di
fascia bassa (come le imprese di pulizia) e’ accettato il velo. Le
difficolta’ di trovare lavoro legate all’hijab sono un vero problema,
soprattutto visto che proprio nella comunita’ degli immigrati di
origine marocchina la disoccupazione tocca il 20%, cinque volte
superiore alla media nazionale. Non a caso a sostenere l’iniziativa
delle ‘brigate’ e’ anche la Federazione dei sindacati olandesi. A
sostegno delle donne con l’hijab si e’ schierata anche la Commissione
per le pari opportunita’ (Ogb), che e’ intervenuta dopo che alcune
lavoratrici hanno perso il posto a causa del velo.

      Del resto, l’organizzazione avverte che proprio questo tipo di
discriminazione puo’ favorire l’estremismo islamista. "Una efficace
lotta alla discriminazione – scrivono nel sito – l’inclusione al posto
dell’esclusione, e il mutamento dell’immagine (dell’Islam) sono molto
importanti per respingere e prevenire l’estremismo, e anche per
prevenire la marginalizzazione e la polarizzazione della prossima
generazione". Le tre fondatrici, del resto, sottolineano di difendere
solo del velo sui capelli, non altre forme piu’ radicali, come il velo
integrale o il burqa.

      La Brigata, intanto, sta gia’ attuando iniziative che hanno
suscitato l’interesse dei media. Lo scorso 22 febbraio nella Grande
Moschea Amsterdam hanno assegnato alla catena di supermercati Dirk van
den Broek il ‘premio del velo’ in quanto azienda che piu’ di tutte le
altre accetta dipendenti con l’hijab.

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