Roma – 15 ottobre 2014 – Il ministro dell'Interno Angelino Alfano può pure continuare a ripetere ogni giorno che l'operazione europea Triton permetterà all'Italia di porre fine a Mare nostrum. In realtà, però, tra il dire e il fare c'è di mezzo uno sforzo a cui non tutti i Paesi dell'Ue sembrano disposti.
L'allarme l'ho lanciato ieri proprio Gil Arias, il direttore esecutivo dell’agenzia europea Frontex, sotto il cui cappello dovrebbe partire, dal 1 novembre prossimo, Triton. "Abbiamo bisogno di un maggiore supporto tecnico per realizzare l'operazione. Per questo abbiamo lanciato un altro appello agli Stati membri e speriamo sinceramente in una maggiore partecipazione".
Frontex prevede di impiegare nell'operazione due navi d’altura, due navi costiere, quattro motovedette, due aerei e un elicottero ("considerata la astità dell'area operativa la sorveglianza aerea è fondamentale") e di spendere circa 2,9 milioni di euro al mese. Il comando e il controllo saranno affidati alle autorità italiane, in stretto cooridnamento con Guardia di Finanza, Guadia costiera e Marina Militare.
Per ora, però, solo otto Stati hanno promesso di fornire mezzi tecnici: Finlandia, Spagna, Portogallo, Islanda, Olanda, Spagna, Francia e Malta. Spicca l'assenza di un big come la Germania. Dodici stati invieranno consulenti e osservatori: Francia, Spagna, Finlandia, Romania, Svizzera, Norvegia, Germania, Olanda, Svezia, Porotgallo, Austria e Polonia.
"Secondo il mandato di Frontex, il focus primario dell'operazione Triton sarà il controllo delle frontiere. Comunque – ha aggiunto Arias – devo sottolineare che, come in tutte le nostre operazioni marittime, noi consideriamo il, salvataggio delle vite un'assoluta priorità per la nostra agenzia".