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Ospedali: un terzo degli immigrati rinuncia alle cure per paura della legge

Succede a Roma e Milano da quasi un mese. A rischio la salute di tutti. ROMA, 3 luglio 2009 – Cresce la preoccupazione tra gli immigrati di essere segnalati come clandestini. Un timore che li tiene alla larga, anche se ammalati, da Pronto soccorso e ambulatori pubblici italiani. E’ stato infatti registrato un calo di quasi il 35% dei migranti che ricorrono alle cure mediche in ospedale, con picchi del 75% come nel caso del San Paolo di Milano.

E’ quanto emerge da un’indagine condotta nelle ultime tre settimane dal Gruppo EveryOne nei principali ospedali di Roma (San Gallicano, Policlinico Umberto I, San Camillo Forlanini, Policlinico Tor Vergata, ospedale Grassi di Ostia) e Milano (Niguarda, Policlinico, San Paolo, San Carlo). Una notizia allarmante, soprattutto alla luce del via libera al Ddl sicurezza che introduce il reato di clandestinità. Una norma che, a detta dei medici, li mette di fatto nella condizione, in quanto pubblici ufficiali, di segnalare i clandestini.

"Ci giungono notizie drammatiche – denunciano in una nota Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione per i diritti umani Gruppo EveryOne – relativamente al numero di immigrati che nelle ultime settimane non sono ricorsi alle cure mediche in ospedale nonostante le gravi condizioni di salute. I nostri attivisti hanno ricevuto segnalazioni di vere e proprie tragedie umanitarie, proprio in virtu’ della fobia da reato di clandestinita’".

L’organizzazione cita qualche caso emblematico. "Il 10 giugno una badante ucraina di 39 anni, priva dei visti d’ingresso, e’ stata ritrovata morta dissanguata in seguito a un aborto spontaneo all’interno dell’appartamento in cui lavorava, a Torre a Mare, in provincia di Bari. Dopo tante ricerche, aveva da poco trovato un’occupazione. Improvvisamente, si e’ sentita male e ha cominciato a sanguinare, ma non ha chiamato nessuno: la paura di perdere il lavoro o di essere denunciata per la sua condizione irregolare l’ha bloccata. Casi simili sembrano purtroppo ripetersi quotidianamente". Come quello, ricordano Malini, Pegoraro e Picciau, del "cinese di 33 anni fuggito il 14 giugno dall’ospedale Sacco di Milano portandosi via il figlioletto neonato appena operato per una gravissima malformazione al cuore, per paura della denuncia per clandestinita’".

"Pochi giorni fa – riportano i co-presidenti di EveryOne – un nostro attivista a Milano ha incontrato una famiglia africana che nasconde un minore che presenta i sintomi tipici della lebbra, terrorizzata di essere denunciata e smembrata proprio per la condizione di clandestinita’ dei suoi membri. La sorellina e il bimbo presentavano gia’ macchie viola, chiazze senza pigmento e noduli: potrebbe trattarsi dell’inizio di un’epidemia, che si svilupperebbe al di fuori delle strutture sanitarie, come avveniva nel Medioevo", riflettono.

"Nel nostro Paese, come negli altri Paese dell’Ue – osserva l’organizzazione – sono presenti anche migranti provenienti da Congo, Rwanda, Sudan e altri Stati africani colpiti dal micidiale virus dell’Ebola. Dopo l’approvazione del decreto, vivranno nascosti in luoghi inaccessibili e in condizioni igieniche tragiche. Basterebbe un solo caso di contagio da parte del virus Ebola o di altra febbre emorragica letale per provocare un’epidemia assolutamente incontrollabile. Una volta esplosa, a causa del panico e della paura da parte dei migranti di collaborare con le autorita’ sanitarie e le istituzioni pubbliche italiane, la popolazione italiana – concludono i co-presidenti di EveryOne – potrebbe venire falcidiata in pochi mesi".

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